2.1    Premessa

Potremmo chiederci: a cosa è servito il diluvio? Cosa è cambiato?

Confrontiamo quanto scritto in Genesi 3,17-19:

All’uomo disse: “Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero, di cui ti avevo comandato: “Non ne devi mangiare”, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre”.

con quanto riportato in Genesi 9,1-3:

Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. Il timore e il terrore di voi sia in tutte le bestie selvatiche e in tutto il bestiame e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere. Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe”.

Da una maledizione dopo il diluvio si passa quindi ad una benedizione!

Satana perde il suo potere assoluto sulla natura e l’umanità riprende il suo cammino nella Volontà Divina. Scrive infatti la Piccarreta:

Volete sapere perché la terra non produce?… Perché in vari punti del mondo la terra coi terremoti spesso si apre e seppellisce nel suo seno città e persone?… Perché il vento, l’acqua, formano tempeste e devastano tutto?… Perché tanti mali, che tutti sapete?

Perché le cose create posseggono una Volontà Divina, che le domina, e perciò sono potenti e imperanti; sono più nobili di noi, perché noi siamo dominati da una volontà umana, e perciò siamo degradati, deboli e impotenti. Se per nostra sorte metteremo da banda l’umana volontà, e prenderemo la vita del Voler Divino, anche noi allora saremo forti, imperanti… saremo fratelli con tutte le cose create; le quali non solo non ci molesteranno più, ma ci daranno il loro dominio sopra di loro, e noi saremo felici nel tempo e nell’eternità!…[1]

All’uomo viene quindi ridata la possibilità di riappropriarsi di questo dominio perso nell’Eden da Adamo ed Eva. Di più, la battaglia tra angeli e demoni ora può avvenire solo tramite l’uomo, non più coinvolgendo il regno animale. Scrive la Bitterlich:

Secondo la volontà di Dio gli angeli e i demoni si possono combattere solo nell’uomo.[2]

Per aiutare l’uomo Dio può dettare quindi a Noè le prime regole sapienziali, unica vera via per l’evoluzione dell’intera umanità. Leggiamo la Ossi:

Quella che viene ritenuta evoluzione umana, in ordine alle conquiste sapienziali umane, è faticatissima risalita dal baratro in cui la colpa aveva gettato la conoscenza intellettuale dell’uomo.[3]



[1] “Appello di Luisa per il Regno della Divina Volontà”, Luisa Piccarreta

[2] I Santi Angeli del giorno, Gabriele Bitterlich

[3] Scritti vari, A.M. Ossi

2.2    L’arcobaleno

Dio disse:

“Questo è il segno dell’alleanza,

che io pongo

tra me e voi

e tra ogni essere vivente

che è con voi

per le generazioni eterne.

Il mio arco pongo sulle nubi

ed esso sarà il segno dell’alleanza

tra me e la terra.

Quando radunerò

le nubi sulla terra

e apparirà l’arco sulle nubi

ricorderò la mia alleanza

che è tra me e voi

e tra ogni essere che vive in ogni carne

e noi ci saranno più le acque

per il diluvio, per distruggere ogni carne.

L’arco sarà sulle nubi

e io lo guarderò per ricordare l’alleanza eterna

tra Dio e ogni essere che vive in ogni carne

che è sulla terra”.

Disse Dio a Noè: “Questo è il segno dell’alleanza che io ho stabilito tra me e ogni carne che è sulla terra”. (Gn. 9,12-17)

Cosa si cela dietro questo simbolismo? Sentiamo Valtorta:

Arcobaleno: segno di pace. Arcobaleno: ponte fra Cielo e Terra.

Maria, pacifico ponte che ricongiunge Cielo e Terra, Amatissima che con la sua sola presenza ottiene misericordia ai peccatori. E Dio nei secoli avanti il Cristo, quando le prevaricazioni degli uomini accumulavano le nubi dei divini castighi sull’Umanità dalla dura cervice e dallo spirito superbo, contemplando nel suo Pensiero Colei che ab eterno era stabilita Arca della divina Parola, Fonte della Grazia, Sede della Sapienza, pacifica gioia del suo Signore, disperse le nubi dell’inesorabile castigo, concedendo tempo all’Umanità in attesa della Salvezza.[1]

E ancora la Ossi:

In Maria SS. velo verginale è la cascata di grazie che dal cielo accoglie il candore, il gettito spumeggiante intessuto d’arcobaleno, perché non sia dimenticata dall’uomo la sua alleanza con Dio.[2]

Come per gli angeli, così anche per l’umanità Maria si pone come garanzia di pace e alleanza con Dio.



[1] “Lezioni sull’epistola di Paolo ai Romani”, 14/2/1948, Maria Valtorta

[2] “In dodici stelle il perché dell’amore a Maria”, 3a stella, cap. 1, A.M. Ossi

2.3    Abramo – La forza della fede

Iddio Padre si sceglie un popolo, Israele, al fine di realizzare il suo disegno di redenzione per l’umanità. Un popolo deve però avere un capostipite, che il Signore trova in Abramo. Vi è comunque, come sempre, da superare una prova. Leggiamo Valtorta:

Paolo scrive, riportando le parole della Scrittura: “Abramo credette a Dio e gli fu imputato a giustizia”. Ma sebbene la Scrittura dica questo dopo che Abramo credette alla promessa divina di una discendenza, veramente Io vi dico che Abramo credette molto prima, quando già aveva la certezza che da Sarai non avrebbe avuto discendenza, quando, profugo fuor dalla sua terra e dal suo parentado, era nelle condizioni meno favorevoli a credere che il Signore avrebbe fatto di lui “una grande Nazione” e che alla “sua progenie Dio avrebbe dato quella terra” che poscia fu la Palestina, quella terra estesa “a settentrione, mezzogiorno, oriente e occidente”, data a lui e ai suoi posteri, a quella “progenie che Dio avrebbe moltiplicata come polvere della Terra”.

Da un seme può venire spiga granita e da questa, sparsa coi suoi granelli, cento nuove spighe e da queste, riseminate, mille e poi dieci e cento mila. Ma se manca il seme primo, come può aversi posterità e moltiplicazione? Abramo non aveva il seme: l’erede. Dal grembo sterile di Sarai non fioriva seme di posterità. Eppure, nonostante tutto, Abramo credette che Dio gli avrebbe concesso l’erede, né la sua fede si affievolì per passar di tempo senza compimento di promessa. E ciò gli fu imputato a giustizia. Senza tener conto delle altre opere sue, Dio lo giudicò degno di grazia per la sua fede.[1]

E dalla fede di Abramo nasce Isacco, da cui discenderà Giacobbe. E con Giacobbe abbiamo la figurazione mistica di una strana lotta tra l’uomo e l’uomo-Dio, una lotta non da nemici che si odiano, anzi: rappresenta la difficoltà dell’uomo di seguire la Volontà di Dio, pur amandolo. Dirà anche S. Paolo:

Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. (Rm. 7,18-19)

E possiamo chiederci: quando terminerà questa lotta? Leggiamo la Genesi:

Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora.

Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all’articolazione del femore e l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui.

Quegli disse: “Lasciami andare, perché è spuntata l’aurora». Giacobbe rispose: “Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!”.”(Gn. 32,25-27)

Ecco quando terminerà la lotta: quando spunterà l’aurora, l’ora di Maria, tempo di pace e di benedizione per l’uomo!



[1] “Lezioni sull’epistola di Paolo ai Romani”, 1/2/1948, Maria Valtorta

2.4    Mosè – L’Oreb, il roveto ardente

Con Mosè l’umanità inizia a scalare la vetta della prima montagna sacra. Leggiamo la Ossi:

La gioia del cuore nasce quando il cuore, con fede, comincia a confidare in me che, pellegrino, busso al cuore di ogni uomo. Nel sereno consenso dell’anima di lasciarsi istruire, plasmare, amare da me, Gesù, Signore Iddio vostro, per l’anima inizia la salita ai tre monti della Trinità SS.: Oreb, Calvario, Sion.

Sull’Oreb l’anima, similmente a Mosè, coglie ed è colta dalla sacralità di un terreno nuovo; si toglie i sandali, si prostra e prega, per meglio accogliere la voce ed il divino incanto che proviene dalla fiamma ardente del roveto: l’Amore Divino. Dopo di che l’anima accoglie la legge, la ama, la segue, la interiorizza.[1]

L’umanità sull’Oreb riceve i dieci comandamenti. Grazie ad essi sarà possibile tentare la scalata anche alle altre tre montagne sacre.



[1] “Gesù Pantocratore”, cap. 21, 26/9/1995, A.M. Ossi

2.5    La nascita di Maria

Cosa aggiungere su Maria, di quanto già non si conosca, che possa rendercela ancor più bella e cara?

Proviamoci, incominciando dalla Ossi:

Itinerario gioioso e splendido, santo, profondamente esaltante e commovente, è l’Immacolata Concezione di Maria SS.

Nuova Eva, santa e immacolata, vera figlia di Dio, potente incanto, per la realtà preordinata e straordinaria d’essere caso umanamente unico perché l’unico, potente Dio, potesse in lei generare il Figlio benedetto, Gesù.[1]

Cosa significa: “Caso umanamente unico?”. Continuiamo con una locuzione, a prima lettura sconcertante, della Cornado:

Maria era “ab aeterno” creata,

nel seno di Anna fu solo depositata

dietro fecondazione mistica”.

“Voi fate i figli in provetta

e forse che Io non li posso fare in provetta celeste?.

E aggiungiamoci Valtorta:

Per volere del Padre, in vista dei meriti del Figlio, e per opera dello Spirito Santo, poté, dalla donna Immacolata, Eva novella e fedele, assumere umana carne il Figlio, poiché lo Spirito Santo coprì della sua ombra l’Arca non fatta da mano d’uomo.[2]

Proprio come dice S. Paolo, parlando di Maria e confrontando la Tenda costruita dagli Ebrei nel santuario, simbolo dell’alleanza tra Dio e gli uomini, con quella rappresentante la nuova alleanza:

Cristo invece, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione. (Eb. 9,11).

Fecondazione mistica, Arca, Tenda non costruita da mano d’uomo… La curiosità aumenta, rischiando fantasie fuori luogo. Ritorniamo all’inizio, ad Adamo ed Eva, e sentiamo cosa scrive sempre la Valtorta in merito:

Doppiamente “primogenito” è il Cristo, dal suo nascere. Perché nato come ancor uomo non era nato, essendo che quando nacque ad Adamo il primogenito, Adamo già più non poteva generare figli soprannaturalmente vivi. Concepiti quando già i progenitori erano corrotti e caduti nella triplice concupiscenza, nacquero morti nella vita soprannaturale. E ogni padre e ogni madre, da Adamo ed Eva in poi, così procreò.

Anche Gioacchino ed Anna avrebbero così procreato, benché giustissimi entrambi, sia perché essi pure lesi dalla colpa ereditaria, sia perché il concepimento di Maria avvenne in modo semplicemente umano e comune. Di straordinario nella nascita di Maria, la predestinata Madre di Dio, vi fu solo l’infusione, per singolare privilegio divino, dato in vista della futura missione della Vergine, di un’anima preservata dalla Macchia d’origine, anima unica, tra quelle di tutti i nati da uomo e donna, che fosse immacolata. [3]

Tutto si chiarisce: le anime sono tutte tratte da Adamo, Eva compresa, ad eccezione di quelle di Gesù e Maria, che sono preesistenti. La fecondazione mistica riguarda quindi l’infusione dell’anima immacolata di Maria. Opera divina che rende il concepimento di Maria unico. Ella è la primogenita tra tutte le creature nate da uomo e donna, senza macchia come era Eva testé creata dal Padre nell’Eden. Si può ben dire, quindi, che Maria è la nuova Eva.



[1] “In dodici stelle il perché dell’amore a Maria”, 2a stella, cap. 1, A.M. Ossi

[2] “I Quaderni dal 1945 al 1950”, L’Apocalisse, Maria Valtorta

[3] “I Quaderni dal 1945 al 1950”, L’Apocalisse, Maria Valtorta

2.6    La nascita di Gesù

Cosa aggiungere? Proviamo a cominciare con la Ossi:

Regale silenzio rende Maria arca della nuova alleanza; velata, sacra urna che il Padre santamente feconda, secondo il disegno primordiale, non solo per custodire ma per generare nella verginità del suo seno il Cuore divino, immensamente grande, di Gesù, il Signore.[1]

Secondo il disegno primordiale?! Cosa significa? Stavolta, però, ci è più facile coglierne il significato. Leggiamo infatti Valtorta

Invece il Cristo, nato da Maria, è primogenito da seno inviolato spiritualmente, essendoché Maria, fedele alla Grazia come nessuna donna seppe esserlo da Eva in poi, non conobbe neppure, non dico la più piccola colpa veniale, ma neppure la più piccola tempesta atta a turbare il suo stato di perfetta innocenza e il suo perfetto equilibrio, per cui l’intelletto signoreggiò sempre sulla parte inferiore, e l’anima sull’intelletto, così come accadeva in Adamo ed Eva sinché non si lasciarono sedurre dal Tentatore; e primogenito da seno inviolato materialmente, perché, essendo Dio sia Colui che la rendeva Madre come Colui che da Lei nasceva, e quindi dotato del dono proprio degli spiriti di penetrare ed uscire senza aprir porta o smuover pietra, Dio entrò in Lei per prendervi natura umana e vi uscì per iniziare la sua missione di Salvatore senza ledere organi e fibre.

Primogenito e unico nacque così, dalla Piena di Grazia, il Vivente per eccellenza, colui che avrebbe ridato la Vita a tutti i morti alla grazia. Nacque non da fame di due carni, ma nel modo come avrebbero avuto vita i figli degli uomini, se si fossero mantenuti vivi nella grazia.[2]

Proseguiamo:

Gesù è l’unigenito del Padre di cui è anche il Primogenito. Dal Pensiero divino, che non ha avuto principio, è stato generato il Verbo, anche Egli senza mai aver avuto un principio. Egli è quindi come Dio, il Primogenito assoluto. Ed è il Primogenito anche come Uomo, benché nato da Maria – a sua volta detta “Primogenita” dalla Sapienza e dalla Chiesa – perché, per la sua paternità dal Padre Iddio, è il primogenito vero dei figli di Dio, non per partecipazione ma per generazione diretta.[3]

Quindi Gesù è il nuovo, vero Adamo. Per concludere:

Egli, Figlio Primogenito per generazione eterna. In Lui il Padre ha visto tutte le cose future, non ancora fatte, quelle materiali e quelle spirituali, perché nel suo Verbo il Padre vedeva la creazione e la redenzione, ambedue operate dal Verbo e per il Verbo.[4]



[1] “In dodici stelle il perché dell’amore a Maria”, 1a stella, cap. 9, A.M. Ossi

[2] “I Quaderni dal 1945 al 1950”, L’Apocalisse, Maria Valtorta

[3] “I Quaderni dal 1945 al 1950”, L’Apocalisse, Maria Valtorta

[4] “I Quaderni dal 1945 al 1950”, L’Apocalisse, Maria Valtorta

2.7    La Redenzione – Il diluvio di sangue

Il Figlio non è stato riconosciuto, se non da pochi! Leggiamo S. Matteo:

Disse loro: “Voi chi dite che io sia?”.

Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.

E Gesù: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli”. (Mt. 16,15-17)

Chi non è nel Padre non può riconoscere il Figlio! Da qui le innumerevoli sfide e prove e tranelli sino all’estremo:

Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce! (Mt. 27,40).

Anche i demoni lo tentano in vari modi. Ad esempio, pur conoscendo il divieto di Dio di dominare gli animali dopo il diluvio universale, tuttavia ne fanno richiesta al Figlio:

Giunto all’altra riva, nel paese dei Gadarèni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli vennero incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva più passare per quella strada.

Cominciarono a gridare: “Che cosa abbiamo noi in comune con te, Figlio di Dio? Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?”.

A qualche distanza da loro c’era una numerosa mandria di porci a pascolare; e i demòni presero a scongiurarlo dicendo: “Se ci scacci, mandaci in quella mandria”.

Egli disse loro: “Andate!”. Ed essi, usciti dai corpi degli uomini, entrarono in quelli dei porci: ed ecco tutta la mandria si precipitò dal dirupo nel mare e perì nei flutti. (Mt. 8,28-32)

Il tentativo di far compiere al Figlio qualcosa contro la legge del Padre fallisce: mandare non significa possedere, e i porci, a differenza dell’uomo, pur di non farsi possedere dai demoni si tolgono la vita, obbedendo alla Volontà Divina!

Anche gli scribi e farisei, capitanati da Satana, tenteranno in tutti i modi di dimostrare che il Figlio di Dio non osserva la legge del Padre, cercando di farlo cadere in tentazione, ma senza riuscirvi. Anzi, è proprio da questa legge che tutti gli uomini, Gesù e Maria esclusi, traggono la loro condanna. Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra (Gv. 8,7), dirà il Figlio di Dio. Come per gli angeli ribelli, non vi sarebbe possibilità di perdono per nessun uomo. Ma il piano divino vuole concedere all’uomo una via di salvezza. E il Figlio di Dio, pagando un prezzo altissimo, “compra” dal Padre i peccati di tutta l’umanità, espiandoli in maniera perfetta: Non sia fatta la mia, ma la tua Volontà. (Lc. 22,42), dimostrando al Padre che l’uomo può essergli figlio fedele, sino al sacrificio. Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto (2Pt. 1,17). È il Figlio che ottiene dal Padre il diritto di giudicare i fratelli di sangue. Ma il suo intento, per ora, è un altro: Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. E anche se giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. (Gv. 8,15-16). E ancora: “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.” (Gv. 3,17).

La salvezza dell’uomo: ecco il vero motivo del Sacrificio di un Dio! Dirà infatti il Figlio di Dio: Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua” (Mc. 2,10-11).  E perché tutta la creazione conosca questo potere e Colui a cui è stato affidato, Gesù, il Cristo, sale sul monte Calvario per suggellare col suo Corpo ed il suo Sangue questo patto contratto col Padre: la Redenzione. Come dice S. Paolo: Non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna. (Eb. 9,12).

È un diluvio di sangue, quello che si sprigiona dal Cuore trafitto del Figlio di Dio. C’è chi addirittura lo ha chiamato diluvio di Sangue!

Dice a proposito Gesù a Valtorta:

“Quando con la mia Morte ho squassato le porte dell’al di là e ne ho tratto i dormenti alla prima risurrezione, ho anche aperto le chiuse dei laghi mistici nel cui lavaggio si deterge il segno che uccide, muore la Morte dello spirito, la vera Morte, e nasce la Vita dello spirito, la vera Vita.[1]

Quindi, se il diluvio d’acqua aveva sterminato gran parte dell’umanità, il diluvio di sangue compie e compirà per misericordia di Dio la prima resurrezione, quella dello spirito, per i giusti di tutti i tempi, passati, presenti e futuri, per tutti gli uomini di buona volontà.

Chiedersi cosa sarebbe successo se Longino, col suo atto di pietà verso il Cristo morto al fine di evitargli il crurifragio, non avesse squarciato quel Cuore, ci porterebbe lontano. Sia solo monito di quanto l’uomo sia importante, con le sue azioni di carità, nell’attuazione del piano di salvezza di Dio. Detta il Padre a Valtorta:

Avete avuto la Luce. Ve l’ho mandata, la mia Luce, perché la parabola dell’umanità fosse illuminata da Essa. Ve l’ho mandata perché non si potesse dire che ho voluto tenervi nel crepuscolo dell’attesa. Se l’aveste accolta, tutta l’altra parte del cerchio che unirà il cammino dell’uomo, dal suo sorgere al suo finire, sarebbe stata illuminata dalla Luce di Dio, e l’umanità sarebbe stata avvolta da questa Luce di salvezza che vi avrebbe condotto senza scosse e dolori nella Città della Luce eterna.

Ma voi avete respinto la Luce. Ed Essa ha brillato al sommo del cerchio e poi sempre più è rimasta lontana da voi che siete discesi per l’altro cammino non dicendo ad Essa: “Signore, resta con noi ché la sera dei tempi sopravviene e noi non vogliamo perire senza la tua Luce”. Come nel corso del giorno, voi uomini siete venuti incontro alla Luce, l’avete avuta e poi siete tornati nelle tenebre. Essa, la mia Luce, il mio Verbo, è rimasto come Sole fisso nel suo Cielo dove è tornato dopo che non la morte, ma il vostro respingerlo lo hanno riportato.[2]

Hanno così termine, con la fine del secondo quarto di cerchio, i primi tre tempi (un tempo, due tempi) della storia. Dice in proposito Gesù a Valtorta:

Tre giorni: tre epoche, prima del convito di gioia. La prima, dalla creazione del mondo sino alla punizione del diluvio; la seconda, dal diluvio alla morte di Mosè. La terza, da Giosuè, mia figura, alla mia venuta.

Vedremo come vi saranno altre due venute, una intermedia in Spirito nella gloria dei primi risorti nella carne (alla metà di un tempo) e quella finale in cui Gesù tornerà per tutti come Dio, Giudice, Re e Sacerdote eterno.



[1] “I Quaderni dal 1943”, 16/8/1943, Maria Valtorta

[2] “I Quaderni dal 1944”, 25/3/1944, Maria Valtorta