02/11/2023 Gesù Mia piccola Maria, oggi celebrate la commemorazione dei
defunti, che sono tutti viventi. Essi vivono e provano, a secondo della
loro condizione, emozioni e sentimenti sia nella beatitudine, nella
purgazione, come nella dannazione. Voi li definite morti, ma essi
sussistono e tutti sono ricordati da Dio, nessuno è dimenticato di
coloro che hanno varcato questo suolo, fosse stato solo l’istante di un
battito di ali nel grembo materno, o di pochi anni dell’infanzia, come
per chi ha vissuto una lunga vita o per chi è scomparso dalla memoria
degli uomini. Iddio chiama ognuno per nome. Il nome di chi lo ha
ricevuto già in terra o, se non dato, il nome che il Padre Santissimo dà
loro. Ma essi vivono, vedono, conoscono gli eventi della terra, dei loro
conoscenti e cari, e pregano per voi. Chi è nella beatitudine prova la gioia, l’esplosione
del cuore e di tutto il gaudio. Se uno fosse dissolto nella morte non
potrebbe provare tali emozioni. Nella purgazione le anime, nella loro
purificazione, soffrono, gemono, ma vivono di speranza e gratitudine per
essere salvati, patimento e brama di desiderio del cielo sussiste in
essi, che in chi è spento per sempre non può avvertire. Nella
dannazione, ove le anime sono nella rabbia, nella ribellione della loro
acclarata ferocia e crudeltà, vi è uno spasimo di
disperazione che in chi è assopito nella morte non può più patire. Essi sono i viventi che nel loro stadio di esistenza,
che va oltre questa vostra vita, si è trasformata, ma non è cessata: è
cambiata, ma non si è spenta. Essi attendono da voi le preci, le
impetrazioni, le indulgenze che se offerte a chi esulta nei cieli, ne
accresce la gloria e la felicità, ne maggiora le potenzialità del loro
soccorso a voi e alle molteplici necessità che voi presentate. Potete
pregare per loro per chiederne intercessione alle vostre grazie, poiché
entrati nel regno eterno, fattisi abitanti del luogo divino, sono ormai
santi e possono perorare le vostre cause presso il trono di Dio. In purgatorio le anime si fanno più trepidanti e
accorate nell’implorazione dell’aiuto della vostra preghiera per poter
anticipare e uscire da tale luogo di dolore e di ardore, per il
ricongiungimento al Padre celeste che li attende. Esse, per la vostra
carità offerta loro, che fa sì che vi si facciano più vicine per
prestarvi aiuto nei vostri bisogni, possono soccorrervi e darvi perché
vivono salve nell’eternità, e già proiettate alle divine altezze. La
vostra pietà per loro sarà ricordata. In quanto grate saranno
intercedenti alla vostra di purgazione aiutandovi. Per coloro che invece sono andati dannati ogni prece,
ogni vocazione data ad essi è inutile. Non c’è più ritorno, non più
proroga, non più cambiamento, anzi l’orare e le offerte dategli arrecano
maggiore tribolazione. Sappiate che se anche queste anime ormai perdute
sono state a voi vicine, hanno condiviso un tratto della vostra vita,
non vi amano più, fosse pure anche familiari, dato che in tale stato e
luogo c’è solo disperazione e odio e, se invocati, vi arrecano solo
danno, in quanto il loro desiderio e scopo è di condurre tutti
all’inferno, di portarvi nella medesima loro condanna e pena. Quando pregate per chi ha varcato la soglia dell’oltre,
chiedete prima al Signore che la vostra prece vada per chi si è in lui
salvato, che la sua anima viva in Dio. Se voi vivrete dell’amore divino,
se avrete avuto rapporto con il vostro Signore e salvatore, se avrete
partecipato della sua grazia, voi rivedrete coloro che avete amato e
conosciuto e si sono salvati, fattisi amici e fratelli. Vi
rincontrerete, vi riconoscerete, condividerete la bellezza del paradiso
nell’infinito amore. Pregate. Ciò che essi attendono da voi nel vostro
ricordo è la preghiera della Santa Messa, l’invocazione del
Preziosissimo Sangue, la carità offerta in suffragio per le loro anime. Consacrateli al Divin Cuore e al Cuore di Maria
accelerandone così il percorso di liberazione. Potete mandare i vostri
angeli custodi a portarne il saluto e il vostro messaggio: lo ascoltano,
e li consolerete. L’anello di congiunzione per ritrovarvi è sempre Dio. Oggi molti si sono recati nei cimiteri per visitarli,
ed è cosa buona, ma lì sono deposte solo le ossa e pochi pregano per i
loro spiriti, quello spirito che vive e non può perire: è il soffio del
Creatore che è eterno, quello spirito di cui oggi essi sono e voi domani
sarete. Vi benedico.
04/11/2023 Gesù Mia piccola Maria, il discorso del Vangelo stasera è
grave, riprende i farisei ripieni di orgoglio e superbia. Nonostante i
profondi studi sulle Sacre Scritture, sono accecati: lo studio ne ha
solo incrementato la boria. Essi vogliono essere ammirati, ricercano i
primi posti, come il pavone ruotano la coda perché le persone ne gridino
di meraviglia. Usano Dio e si rivestono di santità per esserne
glorificati: un sacrilegio. Essi glorificano sé stessi: quale utilità ha
il loro servizio? Io li richiamo all’umiltà. Solo chi è umile si fa
autentico servitore di Dio, mentre essi si fanno duri e condannano le
genti, ma sono clementi e giustificano il loro cattivo operato. In tutti i tempi i farisei sussistono: sacerdoti di
ieri, come quelli odierni, che nella loro funzione si ammantano di
ipocrisia. A differenza di un tempo, che si presentavano nella loro
sfrontatezza, oggi si rivestono di una maschera di umiltà, ma le
ambizioni sono le medesime: la ricerca di prestigio, il podio e
l’applauso sono gli stessi, e tanto più si sale nei ranghi, quanto più
troverete prelati che amano il potere e la propria affermazione. Quale dolore è per me il sacerdozio di oggi, un dolore
che mi squarcia il Cuore e mi penetra fino alle fibre più intime, più
del peccato che occupa nel mondo, in quanto un sacerdote che ricerca la
propria brama sarà portatore di tenebre e non di luce, sarà la guida
falsa che condurrà a percorsi deviati. Il suo insegnamento sarà errato e
deformerà le coscienze. Ogni sacerdote fariseo che vive del suo errore e
della sua oscurità, di ogni suo primato personale, condurrà alle tenebre
molte anime, come invece un sacerdote benedetto, verace, fedele e
illuminato condurrà alla luce e alla santificazione. È fondamentale la santità in un sacerdote, che può
acquisire solo nell’umiltà. Come potete comprendere e affidarvi a un
sacerdote? Notate proprio che sia umile, che sia a servizio delle
creature, se ama l’Eucaristia, non a parole con i suoi alti concetti, ma
se si pone adorante e spesso alla sua presenza, se si pone a diffondere
e partecipare con i fedeli alla preghiera, se onora la Santa Madre e ne
esorta la devozione. Solo quando si pratichi, si eserciti le realtà
divine, ci si può rivestire dei loro santi effetti, assimilarle per poi
porsi a servire le anime e condurle a Dio. Come vengo invece trattato da molti sacerdoti? Vengo
trattato con freddezza e superficialità, particolarmente nelle Sacre
Specie, le Sante Messe celebrate con la fretta di chi deve sbrigarsi per
fare altro, spesso dato ai fedeli, soprattutto in celebrazioni numerose,
come cibo per cani, gettato tra le mani anche distanti o fatto passare
da altri per essere ricevuto da chi mi è lontano da ogni grazia o finire
calpestato. Vengo abbandonato nei Tabernacoli, mi si passa innanzi
indifferenti: i molti sacerdoti che non vi si prostrano più in orazione.
Vengo offerto per la distribuzione eucaristica a chi non ne ha requisito
e senza nessun rivestimento sacro che mi dia onore, che dia rilievo a
ciò che Io-Sono. Quanti ancora predicano secondo ciò che ho detto? Chi
parla ancora dei novissimi, dell’inferno e del purgatorio che vi
attendono, che Dio è amore, ma vive anche della sua giustizia. Chi parla
dell’azione del demonio e come tutelarsi, come evitare certi
comportamenti e situazioni dell’occulto che permettono la sua entrata e
la sua cattiva influenza? Non se ne parla per timore di offendere la
suscettibilità dell’uomo e omettono tali verità che possono invece
salvarli, il timore di perdere il beneplacito e la stima per essere
compiacenti al mondo, perché ormai quanti uomini di Chiesa non vi
credono più? Sacerdoti fattisi pragmatici e razionali, che basano il
loro pensiero solo sulla ragione, omettendo ciò che nella fede è
invece irrazionale, che vive dello stupore dello spirito e della
scoperta di Dio che è insondabile e supera i limiti della vostra
comprensione o della scienza, ma che va ricercato in ciò che Dio vi ha
detto e deve essere vissuto. Altri miei ministri, figli che mi sono rimasti fedeli,
spesso si trovano lacerati e contrastati dai loro confratelli che vivono
ormai un modernismo che non mi rappresenta e non mi appartiene. Io sono
il Padre, il Maestro e la guida di ogni tempo: passato, presente e
futuro. Sono secondo il pensiero e la parola già espressa e testimoniata
con la mia Persona e la mia vita, allora e per sempre. Benedetti coloro
che mi seguono, pur se pagano il rifiuto di un mondo che si è fatto duro
e difficile alla mia recezione. Io vi dico che avrete la protezione
divina che vi avvolgerà, la Madre Santissima che espanderà su di voi il
suo manto e sarete parte della pupilla stessa di Dio, che maggiorerà la
vostra opera dandone ogni santificazione. Sorgerà, sorgerà una nuova Chiesa e un nuovo Sacerdozio
che si farà povero, umile, forte e ricolmo di Spirito Santo. Vi benedico.
La chiamata al banchetto divino 07/11/2023 Gesù Mia piccola Maria, su tutti mi protendo ed opero. Ecco,
la voce di Dio si spande su tutta la terra, la sua voce chiama ogni uomo
e si dirama in ogni luogo, ma gli uomini non l’avvertono: sono presi
dalle loro molteplici attività, dai loro problemi e affanni, dalla corsa
ai loro piaceri, assordati dai rumori del mondo che non la odono, non
sentono la voce di Dio. Iddio li chiama perché vengano al suo divin
banchetto, chiama con l’ardore dell’amato verso l’amata, come il padre
più tenero verso i suoi figli, come il fratello che vuole accanto a sé i
fratelli, l’amico che vuole condividere con l’amico. Nessuno più di lui
ha amore da dare e più potere per soccorrere. Eppure al suo invito al
suo banchetto la massa delle creature lo disdice: non hanno tempo. Si ripresenta la parabola del Vangelo: il padrone di
casa che è immagine del Santissimo Padre, prepara un lauto banchetto e
manda il suo invito a molti per parteciparvi, ma essi ne danno il loro
rifiuto, chi perché devo accudire ai suoi affari, chi perché deve
custodire il bestiame, chi perché si è appena sposato. Nel corso della storia si ripresenta continuamente la
medesima situazione. Il Signore chiama al suo sacro convito e si ripete
il diniego degli uomini, chi perché ha famiglia, chi per i suoi impegni
e studi, chi per i suoi guadagni, ma non si ha tempo. Come mai questo
accade? Perché dietro a giustificazione e motivazioni che, pur derivando
non dal male o dal peccato e sono ammantate di onestà e di bene, si
nasconde però il proprio ego: il fatto di rendersi e credersi
indispensabili e necessari, persino vitali alla propria opera,
posticipando così la chiamata divina ritenuta una perdita di tempo, o
rimandata ad altri periodi. Cosa desidera invece Iddio? Che prima gli uomini
vengano e si nutrano al sacro convito e poi vadano alle loro imprese.
Egli è il Padre onnipotente, ne darà tutto il tempo necessario, ogni
capacità d’aiuto alle loro opere, che con la sua mano riusciranno, e ne
darà santificazione. Questa è la fede: l’abbandono, la fiducia in Dio,
ma è proprio la fede che manca, il suo amore che non viene corrisposto. In tempi più lontani, quando il lavoro si faceva più
duro nei campi, nelle fabbriche, nelle miniere, quando nelle mura di
casa la prole era più numerosa e il sacrificio più arduo, quando le
anime avevano realmente sete, pur dinanzi a tali difficoltà, esse
amavano e trovano il tempo per venire alla Santa Messa, spesso in orari
e distanze che si facevano eroiche e la prece raccoglieva la famiglia
unita ai vespri. Oggi l’uomo non ha tempo per il Signore, ma quanto ne
disperde in cose vane e futili. E per coloro che si ritengono i giusti,
i credenti, ma poi non si pongono in opera per la vigna del Signore, per
ciò che possono dare, e di cui il Signore sa e conosce la misura e la
forza di ognuno, di quanta sia la loro capacità per potersi porre al suo
lavoro per la strada che conduce al suo banchetto. E come? Aiutando a
toglierne gli ostacoli e gli intralci per renderla agevole al suo
percorso ai fratelli, nel farsi luce al loro cammino, nel dare sostegno
a chi fa più sacrificio ed è più debole a giungervi. Pur potendo,
avendone facoltà, ma debbono fare rinuncia a sé stessi, affermano di non
avere tempo. Cosa fa allora il Signore Iddio? Volge lo sguardo ai
più poveri e disperati, a quelli che sono considerati più peccatori: li
fa chiamare dai crocicchi nelle vie più disperse e lontane, nei luoghi
più malsani, in modo che vengano essi al suo banchetto. E vi dico che
fra di loro, di quelli che recepiscono il suo invito, sono molti quelli
che, avendo conosciuto la morte nel loro peccato, ravveduti ne hanno
compreso poi la gioia della salvezza di una vita risorta e ritrovata, la
felicità del privilegio di unirsi al banchetto di Dio. Io ancora chiamo e chiamerò, la mia voce si espande e
risuona, ma siate saggi. Preparatevi per dare il vostro consenso per
aderire a vivere la priorità divina. Tutto il resto vi verrà dato in
sovrappiù. Se voi aveste questa fede, credete, tante problematiche,
tanti crucci e dolori verrebbero risolti: il Padre li districherà per
voi. Dinanzi al vostro abbandono, alla vostra adesione, alla vostra
ricerca di lui, alla buona volontà al consenso del suo invito, egli si
prodigherà per voi. Se ancora si obietterà però di non poter partecipare al
suo banchetto perché non si ha tempo e si preferisca fare altro, seppur
cosa onesta, quando si giungerà a me, dinanzi alla bellezza e ai suoni
celestiali del banchetto divino, al quale poi si vorrà poter prendere
parte, molti non potranno entrare ed altri molto dovranno attendere per
accedervi. Vi benedico.
09/11/2023 Gesù Mia piccola Maria, oggi si celebra la dedicazione della
basilica di San Giovanni, madre di tutte le chiese, e l’attenzione va
allo Stato della Chiesa odierna, alla mia Santissima Sposa tanto amata
che al mio amore, alla mia cura, ha preferito la prostituzione: si è
prostituita a tanti “dei” stranieri, lasciando così che la corruzione la
invadesse. Mi tradisce in ogni concupiscenza e ne dà scandole ai suoi
figli. Essa, che è infusa dallo Spirito Santo, colmata dai tesori
divini, creata dall’altissimo Signore che l’ha fecondata nel Sangue di
suo Figlio per renderla pura e santa, si è data a ciò che corrompe e la
insidia di male al suo interno: un verme che è dentro di essa la sta
mangiando e divorando. Ecco, nel Vangelo di stasera entro nel tempio del mio
Santissimo Padre, che ne era stata fatta piazza di mercato, luogo di
compravendita, di scambia valute, di commercio e affari, mentre doveva
essere per ciò che rappresentava la casa di Dio, luogo di preghiera e
adorazione, ove ci si prostra adoranti, portando l’offerta di sé nella
ricerca e nel desiderio della sua santità. Ne sono rimasto sdegnato e
preso da santa ira ne ho cacciato con la verga i mercanti, fatto cadere
i banchi di vendita, ne ho allontanato il bestiame. Ho dato
purificazione ed educazione alle coscienze con il mio atto che doveva
riportare al suo santo ordine. In tutti i tempi la Chiesa è stata insidiata dal male,
che ha cercato di investirla attaccandola, o direttamente o in modo
subdolo, con menzogne e falsità rivestite di perbenismo e formalità, ma
che avevano sempre come scopo quella di devastarla e di annientarla. Ma
mai come in quest’ultimi decenni il maligno ha preso potere in essa,
corrompendo gli uomini che vi operano: persone sacre adibite alla sua
tutela nel portare maggiori opere di santificazione, di evoluzione della
fede e di ogni grazia nelle anime. Cosa invece ne ha cambiato gli
intenti? La corruzione del denaro che compra e può soddisfare la sete di
potere e di ogni ambizione, pagarne i propri desideri e la lussuria e,
lasciandosi comprare, se ne sono rotti gli argini di protezione e vi è
entrato il demonio infettando con tutto il suo veleno. Simili a Giuda per trenta denari si ripete il
tradimento: si vende Cristo, il proprio salvatore e maestro, la sua
fede, il suo insegnamento, la sacra parola, ogni mia parte per
annientare la mia Persona e farne della mia sposa, eliminando lo Spirito
di Dio e la sua sacralità, una potenza umana e sociale che dà rilievo
all’uomo e non dà più salvezza. Cosa ci vuole per ripararla, per ristabilire il suo
degno ordine? Ci vuole la verga, la verga di Dio che ne spazzi via i
demoni, che ne cacci l’intera onta con il quale hanno bivaccato e
sporcato la mia Santa Casa, hanno diramato la loro cloaca di peccato: la
verga formata da sacerdoti santi che si adoperino con esorcismi su di
essa, con l’orazione fervente di una preghiera feconda nel quale
facciano pregare in tutte le chiese i fedeli che si pongono in
adorazione per allontanarne tutto il male. Così si faranno antidoti con
i mezzi di Dio nella loro vita di rigore e fedeltà. Ci vogliono poi i
laici, tutti i fedeli che si pongano in preghiera e pentimento dalle
loro colpe, che facciano digiuno e penitenza ed implorino il Signore
Iddio che lavi con le loro lacrime la putredine che alberga nella
Chiesa. Queste sarebbero le verghe che potrebbero risanare le cattive
situazioni e cacciarne l’iniquità.
Poiché però sono pochi coloro che nel confronto della
moltitudine dell’intera Chiesa vi si adoperano e vi si adopererebbero,
essa dovrà essere purificata con il dolore e il sangue che Io non avrei
voluto, ma che si fa necessario perché i cristiani non ascoltano. Solo
tale lavacro farà sì che la mia sposa torni bella, pura, senza macchie e
piaghe di infezione, più santa di prima, che ritorni fedele a me. Ecco, pensano di distruggere il mio tempio, ma così
come ho detto nel Vangelo: distruggete questo mio tempio ed Io lo
ricostruirò. Passerà come me la Chiesa, simile al mio corpo nella
passione e morte, la sua risurrezione. La Chiesa non può essere
distrutta, sia qui nel cammino terreno pellegrina e poi nella sua gloria
futura. Vi benedico.
Le vergini saggie, le vergini stolte 12/11/2023 Gesù Mia piccola Maria, il Signore Iddio si adopera per
andare in soccorso a questi popoli straziati, ma gli uomini fanno da
ostacolo e si oppongono. La loro ferocia si fa muraglia al quale Iddio,
nel loro libero arbitrio, non varca. Ecco, la parabola del Vangelo di oggi delle dieci
vergini, cinque saggie e cinque stolte, vi presenta in loro lo spaccato
del genere umano. Da una parte c’è chi si fa saggio, adoperandosi ad
alimentare la propria anima nella fede, mantenendo con la loro cura
l’olio della loro lampada accesa. Vi si prodigano con la preghiera, la
carità operosa, il desiderio di Dio, la sua ricerca: è un cammino che
dura nell’arco della vita senza stancarsi, con pazienza e perseveranza,
tra le difficoltà e i sacrifici, senza demordere nonostante le prove o
che il Signore, loro Sposo, giunga tarda notte. Esse però sono pronte.
Il loro operato che ne ha temprato la fede nella loro attesa ha
rivestito la loro anima dell’abito da sposa, lo ha ornato di rifiniture
pregiate in un abito nuziale degno di entrare ed essere accolto alle
nozze divine. L’altra parte dell’uman genere si sono fatti stolti,
hanno lasciato che la lampada della fede della loro anima si spengesse,
non l’hanno alimentata, sono rimasti apatici e indifferenti, hanno
pensato solo a soddisfare e ingrassare le loro carni, a rivolgere il
cuore alle cose della terra non preparandosi, non rivestendosi
dell’abito nuziale, sì che quando poi giunge lo Sposo Divino li trova
spogli e disadorni, laceri e sporchi. Essi vogliono comunque partecipare
e vorrebbero lo stesso entrare alle delizie del cielo, ma il Santissimo
Sposo e Sovrano le rifiuta poiché non le conosce, non hanno creato con
lui nessun rapporto. Perché le prime vergini sono sagge? Hanno ricercato e
accolto la sapienza che viene descritta nella prima lettura, hanno
compreso il fondamento dei valori che vanno vissuti e che il valore
supremo che si erge su di essi e li sostiene è Dio stesso. Esse si sono
adoperate con tutte le loro forze per conquistare il loro amato, bene
prezioso che sia eleva e spicca come perla sovrana e rilucente su tutti
i beni, e quale vittoria è conquistata! Coloro che invece si sono fatti stolti, si sono
ripiegati al mondo, a gozzovigliare nel vuoto, ad adoperarsi nel nulla
che, seppur non decaduti nel male, sono ricoperti dell’esteriorità,
della futilità della terra, dalla terra saranno sommersi e torneranno. Figli, tenete le vostre lampade accese con la fede, la
speranza e la carità. Siano esercitate con la fede di chi crede e vive
della parola di Dio, vera certezza di ogni fondamento di verità, nella
speranza di chi spera e brama del suo incontro, della sua fusione e
viene proiettato al desiderio del cielo ove Dio risiede, nella carità di
un amore che si infonde nell’Onnipotente per assimilarlo e poi darlo per
trasmetterlo ai fratelli, in chi ha compassione e partecipa dei loro
bisogni. Dovete uscire da voi stessi, dal vostro ego, guardando solo le
vostre situazioni e pensare solo al vostro benestare. Dovete andare
oltre, oltre di voi verso il prossimo e proiettati all’eternità. Il tempo scandisce il suo ritmo e non ha pausa, ma voi
potete arricchirlo, ammantarlo dei tesori della vostra fede, della
vostra speranza e carità: ne formate la dote di nobiltà da portare al
vostro Sposo Divino che vi guarda e vi attende. Meditate quanto sia
triste un fiore ripiegato su di sé, mentre quanto sia delizioso un fiore
che si apre a tutti i suoi petali e al suo profumo per mantenere e
donarvi la sua bellezza. Così voi, anime mie, apritevi al mio amore e
spandete il suo profumo di grazia a tutti. Siete, anime mie, spose del vostro Signore Iddio, siete
il suo respiro d’amore che vi ha infuso e dato vita, anime impregnate
del Sangue di Cristo per darvi ogni salvezza e riverginizzazione,
fecondate dall’azione dello Spirito Santo che ve ne dà santificazione.
Voi appartenete al supremo Sposo, ma egli attende che diate il vostro
consenso alle sue nozze, che gli stessi doni con cui vi ha permeato alla
sua fusione ne diano figliolanza nelle opere da voi attuate. Non sapete
con quale ardore, con quale passione il vostro Divin Sposo vi cingerà
nel suo regno di amore. Vi benedico.
13/11/2023 Gesù Mia piccola Maria, Iddio vi incita continuamente a
chiedere la fede. Chiedete la fede e dite: “Signore, accresci la mia
fede”. La fede è una grazia, ma va ricercata, desiderata e invocata
perché il Signore ve la doni, e va anche alimentata in lui per far sì
che si evolva. Non si può mai dire di aver raggiunto il suo traguardo e
il suo pieno possesso. Come l’amore di Dio sono in cammino e vanno a
braccetto, dato che perennemente si maggiorano e tanto più si
accrescono, quanto più Iddio vi compie i suoi prodigi, quanto
maggiormente l’anima si fa fiduciosa e abbandonate in lui, ch’egli vi
opera e compie offrendovi grazie e miracoli intorno a voi, sì da poter
dire, come afferma il Vangelo: “Via questo gelso che si sradichi dalla
terra, e vada a trapiantarsi nel mare”, e ciò accade. Come poter acquisire la fede? Iddio può infonderla in
voi se vi trova uno spirito aperto, disponibile, veritiero, non ostruito
dal male, che non commetta scandalo, sempre come dice il Vangelo, lo
scandalo del peccato che arreca quali ingiustizie e sofferenze nei
fratelli, particolarmente più piccoli, i più fragili e influenzabili,
sia con l’errato esempio, con il cattivo insegnamento, in ogni degrado
di atti che comportano uno scandalo maggiore e più grave nella loro
entità per la tenera età, per i più deboli e indifesi nella psiche,
nelle condizioni di povertà, nelle infermità. Che siano anime che
sappiano chiedere perdono a chi si è offeso, che sappiano riconoscere le
proprie colpe e la sofferenza che si è provocato all’altro portandone
riparazione. Ugualmente avere la capacità di saper perdonare a chi
ha voi offeso. Solo in questo stato di atteggiamento di conversione, di
sincero pentimento, di una carità misericordiosa ed educativa che indica
la via giusta, il retto percorso al prossimo, farsi guida verso Dio. In
questo modo le vostre persone si fanno atte e pronte per recepire il
dono della fede. Siate umili e puri, abbandonati al volere del
Santissimo Padre, siate giusti e corretti, misericordiosi e luce per
illuminare i fratelli per la retta via, e il Signore Iddio vi ricoprirà
del manto della sua fede in voi, ne farà sovrabbondare e ne userà per
compiere grazie sulle vostre persone e portenti alle vostre preci, e,
per le creature a cui chiedete, venia. Vi benedico.
14/11/2023 Gesù Mia piccola Maria, dice il Vangelo: “Quando avrete
fatto tutto quello che è stato ordinato, dite: «Siamo servi inutili,
abbiamo fatto quanto dovevamo fare»”. Il padrone, che ha mandato il suo
servo al lavoro nei campi o nel pascolo, al suo ritorno lo fa mangiare e
riposare subito, ma prima lo pone al suo servizio personale. Poi egli
potrà rifocillarsi: ha compiuto il suo dovere. Ricordate: siamo servi inutili. Se questa frase fosse
impressa a fuoco nel cuore dei cristiani, in chi dice di operare per
Dio, ricorderebbe che il suo servizio non è per una sua utilità umana,
ma per l’eternità. Siete servi del signore che debbono operare nel suo
Nome per il suo puro amore. Cosa fanno invece gli uomini? Quanti si pongono in
opera nella sua vigna, ma ne attendono benefici, vantaggi e compensi, se
non addirittura vi si adoperano per fare del male. Altri vi operano sì a
fin di bene, i cui scopi sono autentici e meritevoli, ma ne attendono
comunque la lode, la stima e il plauso per ciò che fanno, e se questo
non perviene alla loro fatica si demoralizzano, si sfiduciano e
abbandonano. Molti ancora, per la loro opera che è stato un lavoro arduo
e faticoso, se non ricevono subito i frutti che essi attendono, si fanno
persino contrari al cielo e ne rimproverano Dio per il mancato raccolto
alla loro zione. Questi comportamenti rivelano il proprio ego, l’amor
proprio che alberga nell’uomo, nel quale si fa persino possesso del
compito che Dio gli ha dato grazia di compiere, dimenticandone che ne è
solo il servitore. Dato che l’uomo agisce e vive spesso sotto l’impulso
del suo istinto, attaccato dalle tentazioni che fomenta il nemico
continuamente, cosa ne può fare da scudo ad essi per vivere l’autentico
e verace servo di Dio? L’umiltà. L’umiltà è lo scudo che non permette
che i dardi dell’orgoglio e della vanità possano colpire la persona. Ci
si ammanta di falsa umiltà, si pone il grembiule del servizio, ma poi si
ambisce sempre alla corona, e non si ha cognizione che tutto ciò per cui
si è fatto e si è stati già premiati sulla terra per le proprie buone
opere si è già ricevuta la propria ricompensa, che spesso tale opera
diviene puramente umana che si ferma al suo stadio naturale, ma non si
innalza alla santità. Il Padre Santissimo guarda il suo servo e seppure egli
scalpella la medesima pietra senza riuscire a portare a compimento
l’immagine, ma persiste sino alla fine per l’amore e la gloria da dare
al Padre suo, Iddio ne farà del suo lavoro un’opera di santità per la
fede e la perseveranza avuta, sì che egli stesso ne completerà e ne
porterà a compimento la sua fattura. Se un suo figlio, a cui presenta la
scala da salire verso il cielo, non riesce a superare il primo scalino
ma si adopera fortemente a riuscirci, nonostante gli insuccessi, poiché
spera ardentemente di raggiungerne la cima persistendo per l’intera vita
a scalare quell’unico scalino, Iddio ne premierà la sua perseveranza, la
sua costanza di un sacrificio non allietato dalla sua riuscita, ma non
desistito per suo amore. Egli stesso lo verrà a prendere direttamente
per condurlo alla vetta del suo regno. Il Padre celeste guarda in misura dal cuore,
all’intenzione, ma come poter avere tale umiltà? Pregate fervorosamente
meditando la vita di Cristo che si è fatto l’ultimo degli uomini e
servitore di tutti, non trattenendo niente a sé. Meditate la Santissima
Madre che si è fatta l’umile ancella, dono nella sua maternità e parto
di vita all’intera umanità. Meditate la vita dei santi che si sono fatti
offerta per le anime, che hanno operato per il Vangelo e ne hanno
ricevuto in ricambio perlopiù incomprensioni, sofferenze e persecuzioni,
ma non hanno abbandonato poiché l’amore di Dio vibrava in essi. Se vi fate evangelizzatori, operatori di carità in
qualsiasi mansione e missione per Dio a sua gloria e per la salvezza dei
fratelli, sia solo gratuitamente, così come il Padre vostro
gratuitamente vi ha dato, avvolti e motivati dal suo amore, e se non
avvedesse o provasse nemmeno la consolazione di tale sentimento,
perseverate per la fede che aspira nella speranza della conquista del
cielo e per il bene che potete apportare. Siete su questa terra per seminare, per lavorare la
terra di Dio senza nemmeno ricercarne di vederne i frutti: il raccolto è
suo, è del Signore, ma a voi è stata data la grazia di lavorare per lui
e operare nella carità. Forse a una sua opera data ne dovete fare solo
una parte e l’altra verrà proseguita da altri, ma quella parte fatta da
voi rimarrà sempre e sarà il vostro ornamento emerito nei cieli, ove la
ricompensa di Dio è grande. Vi benedico.
15/11/2023 Gesù Mia piccola Maria, nel Vangelo di oggi dieci lebbrosi
vengono a me per implorarmi la loro guarigione. Hanno sentito di me,
della mia opera, dei miei miracoli, e presi da una certa fede nella mia
potenza vengono a chiedere grazia alla loro sanità da ritrovare. Io non
esaudisco subito la loro supplica: li invio prima dai sacerdoti per la
loro purificazione. Viene messa alla prova la loro fede: non si può
chiedere grazia a Dio se prima non si ottemperano i suoi comandi. È
stata bastante però la loro fiducia alla mia parola, per l’obbedienza al
mio comando, che già per la via vengono sanati. La lebbra scompare dai
loro corpi e dinanzi alla loro guarigione ognuno di essi prende la sua
strada e si avvia alle proprie cose. Soltanto uno ed anche straniero,
torna riconoscente a dare il suo ringraziamento, che con cuore grato
viene a darmi la sua testimonianza di lode. Ma gli altri nove perché non
sono venuti? Chi è che ha la sapienza di comprendere il valore del
ringraziamento che si innalza all’Altissimo nella lode per i benefici
ricevuti, chi vive della sua gratitudine?
Gli uomini vengono ogni giorno beneficiati dal Padre celeste, ma
essi non se ne avvedono: ricevono doni umani e spirituali, ogni dì la
sua provvidenza li soccorre. Voi, se potete ancora vivere in paesi ove
sussiste la pace, è per un dono di Dio, usufruire delle varie
possibilità di lavoro, di cura, di sostegno alla vostra esistenza, è per
il Signore, diversamente da altri popoli che con grandi sacrifici e
privazioni riescono ad avere ciò che a voi sembra tutto scontato. E se
ne rimane indifferenti, finché tali beni non vengano sottratti. Allora,
magari, se prima non c’era la gratitudine, un cuore che riconosce la
bontà divina e ciò che possiede, ne scaturisce l’imprecazione e le
accuse contro Dio per ciò che gli è stato tolto, beni che pensano siano
propri e di loro diritto. Non comprendono che tutto nasce ed ha origine
dal Creatore e che tutto a lui ritorna benedetto con la vostra adesione.
Iddio sparge con abbondanza i suoi doni divini, ma quanti sono i figli
dell’uomo che ne cantano la loro riconoscenza? Molti all’ascolto dell’episodio dei dieci lebbrosi
pensano fra di essi che al loro posto, non si sarebbero mai comportati
da ingrati ed egoisti. Eppure dinanzi al dono sommo di ricevere Dio
nell’Eucarestia, notate: quanti sono coloro che si soffermano in
raccoglimento del ringraziamento? Quanti nel silenzio si uniscono a loro
Signore con le loro preci, con ogni confidenze amore e si pongono cuore
a cuore a darne la loro lode? Constatate la realtà, quale dispersione,
chiacchiericcio, distrazione, quale superficialità nella Comunione: non
ci si sofferma, sì che si possa riuscire a dire e fare qualche istante
che è di programma, ma perlopiù non si sa che cosa dire. Tanta parola
umana e così poco colloquio con Dio. Quanto più ci si innalza della lode e in ogni inno di
ringraziamento, quanto più si ha fede perché ancor prima di ogni
richiesta data si crede fermamente che il Padre Santissimo opera e che
ne viene concessa la grazia. Attende l’abbandono di fiducia che ne
anticipa ogni riconoscenza: è lì che il Padre vostro già soccorre. Voi direte: “E come mai, Signore, dopo tanto orare e
dato lode per la guarigione da ricevere, essa non è stata concessa?”
Iddio conosce bene i suoi figli da lui creati e sa che molti ottenendo
guarigione alla loro malattia tornerebbero ai loro vizi e alla loro
cattiva condotta perdendosi. Quante volte accaduto che, pur avendo
ottenuto dei miracoli e delle grandi grazie, le persone invece, passato
il primo entusiasmo e i buoni propositi, si siano voltati altrove
allontanandosi da Dio, irriconoscendosi e dandosi a una vita dispersiva
e peccaminosa. Rimanendo nella malattia, in questo stato di dolore che
li santifica, si mantiene nel bisogno di ricorrere all’aiuto del Signore
che dà a essi la sua salvezza. Sono pochi quelli che ottenuto il miracolo si sono
posti poi al servizio grati, immersi nella riconoscenza, ricambiando con
un ringraziamento di servizio e di dono per il prossimo e per Dio. La
lode e il ringraziamento fanno sì che il Padre celeste tragga da voi il
meglio, la parte migliore che può evolversi della vostra anima, certi
nella vostra fede che egli al vostro canto ne risponda già con la sua
grazia. Cosa sarà in Cielo, se non un inno di tripudio al Santissimo
Sovrano, una lode incessante alla sua gloria di cui i beati se ne
trasfigurano. Cantate il vostro Magnificat come la Madonna, e
l’Eterno vi ricolmerà delle sue benedizioni. Vi benedico.
18/11/2023 Gesù Mia piccola Maria, non c’è creatura che venga al mondo
senza i suoi talenti, non c’è nessuno che ne sia mancante. A tutti Iddio
dona i suoi doni, anche a quelli che voi dichiarate e ritenete i più
infelici e disgraziati, perché malati, perché vivranno poco, per coloro
che nascono in famiglie problematiche o in situazioni di indigenza:
anche in queste condizioni ogni figlio che nasce su questa terra porta
il suo bagaglio di beni che serviranno alla loro sussistenza,
all’adempimento della loro missione, allo svolgimento del loro compito.
La stessa capacità di pensiero, le emozioni che si ha capacità di
provare, il medesimo corpo che si possiede e che dà possibilità di
vivere ed operare sono doni di Dio. Tutto ciò che dà estro, creatività,
energia, intelligenza, ogni capacità hanno matrice in lui. Ogni potenza
di creazione che apporta i suoi talenti alle creature hanno la sua
derivazione. Ogni opera che l’uomo compie ha la sua materia prima nel
vostro Signore, che ve la ha offerta nei mezzi che vi ha donato e di cui
senza non potreste fare nulla. Il Padre Santissimo attende però al suo tributo dato
che venga incrementato, che venga sviluppato nella sua maggiorazione e
ne venga portato altro bene, così come ricorda la parabola del Vangelo
di oggi, cui il padrone dà ai suoi servi, partendo per un viaggio, i
suoi talenti: a chi ne offre cinque, a chi due, a chi uno, ma tutti sono
chiamati ad incrementarli, a portarne il loro guadagno. Cosa accade? Che
chi ne ha avuti cinque ha prodotto altri cinque talenti al suo lavoro,
chi due ne ha prodotti altri due, sì che il padrone al suo ritorno se ne
è rallegrato e li ha fatti partecipi della sua gioia. È rimasto colui
che, pur avendo un solo talento che poteva almeno raddoppiare, non aveva
fatto nulla, non si era adoperato disperdendo ciò che ha ricevuto nel
suo talento in una vita che si è fatta inutilità e spreco. Il padrone lo
caccia fuori dalla sua casa: è un servo inutile, facendolo rinchiudere
in prigione. Gli uomini pensano di essere i detentori, i possessori
esclusivi dei loro talenti e per la maggior parte di essi se ne
accreditano a diritto il loro merito, dimenticando il loro fine e non
operando mettendoli in funzione per la gloria di Dio. Tali doni,
investiti solo per sé stessi, periranno alla terra. Altri commentano di
non fare nulla di male e vivono una vita mediocre, apatica, edificata su
di sé: seppelliscono i propri talenti non responsabilizzandosi, non
ponendosi in opera, non arricchendo di ciò che pure essi hanno ricevuto
il prossimo, non facendo niente di male, ma nemmeno niente di edificante
nel bene. Come il servo della parabola vivono senza un senso e un
obiettivo che li nobiliti e che li innalzi nello spirito e al Cielo. Solo coloro che si adoperano, che lavorano in nome del
Signore i talenti avuti, facendosi dono essi stessi, li evolvono
spargendoli per ricoprirne di ogni bontà e salute i fratelli: questi si
eleveranno per l’eternità. Ecco Iddio dà a chi le praterie da lavorare, a chi dei
piccoli poderi, a chi degli orti o dei giardini, e dà a essi ogni
capacità e forza per renderli fecondi, per far sì che si incrementi il
bestiame da allevare nelle grandi praterie, come nella coltivazione per
il raccolto di frutti di ogni specie e nei piccoli orti e dei più
svariati fiori nei giardini. E se le anime vi si adoperano, se ne
rallegrano la terra e la vita delle persone, se ne cantano le lodi
all’altissimo Signore, tali talenti vivranno con la creatura per
l’eternità, ove a secondo dei talenti accresciuti, maggiorati per la
loro azione, avranno potere di soccorrere e di operare ancora dal Cielo
per il regno di Dio. Figli miei, i giorni scorrono veloci e non hanno pausa
e né ritorneranno. Siate sapienti impreziosendoli di ogni bontà, di
carità e santità, poiché se Iddio tornando troverà che ne avete
usufruito dei suoi talenti, ma solo per spogliarli, defraudarli, la pena
sarà grande, diversamente da chi li abbia adoperati per darne valore di
significato e bellezza spirituale: al suo sguardo egli ne arricchirà
ulteriormente. Siate simile a una pianta deposta nella terra, che ne
ha disteso le sue radici e assorbito i suoi nutrimenti, si è alimentata
della sua linfa, ma se non ne avete dato poi frutti tanto attesi, essa
rimarrà sterile per sempre nel luogo oscuro di ogni sterilità. Solo chi
porta il suo raccolto e i suoi talenti entra nell’Eden infinito. Vi benedico.
20/11/2023 Gesù Mia piccola Maria, ecco passa Gesù il nazareno, passa
il Signore. Io camminavo tra le strade di Israele per portare il mio
messaggio e la mia liberazione, e il mio passo non si è fermato: ancora
cammino nelle strade di questo mondo, cercando di portare a tutti il mio
dono di grazia e di ogni benedizione. Vado ricolmo dei miei beni divini
per portarne e ammantarne le creature. Ancora il mio passo non ha posa, ma la moltitudine
degli uomini non riesce più a vedermi né a scorgere il mio passaggio,
poiché si sono fatti ciechi, non possiedono più la luce della fede,
presi come sono dalle loro molteplici cose: corrono e si agitano e non
hanno tempo e non si fermano alla mia venuta. Non riescono nemmeno a
sentire la mia voce che li chiama, differentemente dal cieco Bartimeo
del Vangelo che, se pur spenta la luce dei suoi occhi, ha saputo
scorgermi, ha avvertito la mia presenza dato che il suo cuore viveva
della luce e della ricerca di Dio e del suo soccorso. Preso da così
grande entusiasmo nella sua foga di desiderio, egli grida a me,
riconoscendosi di essere un povero peccatore: “Gesù, figlio di Davide,
abbi pietà di me che sono un peccatore”. Non teme il giudizio umano, non
ha remore di imbarazzo al suo grido insistente tra la folla, e dinanzi a
tanta fede manifestata le tenebre si squarciano per riacquistare il dono
della luce della vista al radiore del giorno. Cosa può squarciare la cecità degli uomini in modo che
possano scorgere il mio passaggio? Nel riconoscere il proprio stato di
peccato che ha bisogno di ricorso al mio aiuto e alla mia salvezza.
Riconoscere la propria colpa e già una consapevolezza che pone la
persona in umiltà, in condizione di ricercare la propria liberazione, ed
è in questo modo che è già in atto la propria guarigione a una luce vera
da ritrovare. Ma se si chiede alla massa delle genti se siano
peccatori, essi non lo riconoscono. Anzi, a tale domanda se ne
meravigliano scandalizzati: si ritengono giusti o a diritto dei propri
errori giustificandosi. Altri ancora, se invece ne sono coscienti del
loro cattivo agire, dello stato di male, vogliono rimanere tali e
rifiutano l’incontro al mio passaggio a al mio richiamo, poiché non
vogliono né me e né ciò che rappresento nel bene, nella verità e nella
giustizia, né il cambiamento alla conversione che richiedo, sì che i
miei doni, tanti privilegi di santità che scenderebbero su di loro,
rimangono a me ed essi restano nella loro prigionia. Riconoscere il peccato fatto richiede poi il ricorso
alla Santa Confessione, dato che non si può chiedere grazia a Dio se non
ci si libera prima dai propri errori. Nel Sacramento della
Riconciliazione il mio Sangue spezza i vincoli con le colpe, lava e ne
libera le menti e il cuore, l’anima torna al suo chiarore irradiando le
persone che si fanno vedenti nello spirito. Dovrebbero esserci le file
nelle chiese, i confessionali pieni, data l’urgenza del peccato e del
male con cui vivono gli uomini. Se ne usufruissero le masse dei demoni
sarebbero cacciate precipitando nelle loro tenebre agli oscuri inferi
eterni, lasciando così libere le creature. Ecco Io passo, passo nei confessionali per dare nuova
grazia e dignità all’anima che si risana, passo nell’Eucaristia per
darvi nutrimento della sua sostanza divina, passo nella Santa Parola per
dare insegnamento alla vostra coscienza e indirizzo di vita. Io passo,
passo anche quando giunge la malattia e la prova che si fa grazia di
salvezza per la vostra anima e redenzione per molte altre. Iddio passa:
fermatevi a guardarlo ed ascoltarlo. Alla sua luce che si trasfonde alla
sua presenza, al suono della sua voce vi trasfigura della sua santità.
Allora vedrete con i suoi occhi, parlerete con la sua bocca, scenderà su
di voi le sue benedizioni e non sarete più ciechi, ma vedenti di Dio. Vi benedico.
L’amore nello spirito supera i vincoli di sangue 22/11/2023 Gesù Mia piccola Maria, durante la mia predicazione mentre
svolgevo la mia missione nel dare insegnamento alla folla vengono a me
per riferirmi che mia Madre e i miei parenti sono venuti a trovarmi, che
vogliono incontrarmi. Essi pensano che avrei lasciato il mio compito
nell’annuncio per andare prima a dare il saluto i miei familiari, ma Io
affermo la priorità dell’opera divina nel dire: “Chi sono mia madre e i
miei fratelli? Tutti coloro che fanno la volontà del Padre mio sono per
me madre e sorelle e fratelli”. Non che Io non amassi la Madre mia, che è sempre qui
accanto a me, e come anche coloro che mi sono stati vicini e con i quali
sono cresciuto nella mia infanzia e nella mia vita giovanile, ma perché
sono venuto per espandere il mio amore a tutti, a dilatare le mie
braccia e il mio cuore all’intera famiglia di Dio. Non mi restringo a
pochi seppure eletti, come la Madre mia, nella santità, ma mi espando
per portare il mio messaggio di salvezza e la mia azione redentrice per
tutti i figli del Padre mio e miei fratelli. Lo dico anche per voi, per insegnarvi e darvi esempio,
a voi così legati ai vostri legami di sangue che predominano su tutti
gli altri affetti, che prendete cura e tutela dei vostri familiari, ma
vi fate distanti ed estranei del prossimo, che vi adoperate in ogni
aiuto e disposizione di soccorso a chi vi è caro, o perché parente o
amico, e non avete che sentimenti di indifferenza, se non a volte di
disprezzo e chiusura per il prossimo. Io vi chiamo ad elevarvi, a superare ciò che è solo
carnale anche nei rapporti umani per fondervi e unirvi allo spirito:
l’unione dello spirito supera l’unione della carne, perché cosa sarà il
paradiso, se non l’unità di amore di un’unica famiglia in Dio. In cielo
sì vi riconoscerete per gli affetti, le unioni familiari vissute, quelle
amicali partecipate sulla terra, ma tali amori non si restringeranno a
sé, non saranno chiusi come ora li vivete, ma si espanderanno in un
orizzonte infinito di amore condiviso, per cui l’altro è realmente parte
di voi stessi e l’amate. Guardate, siete tutti creati dallo stesso Padre
creatore, avete lo stesso corpo con le medesime funzioni. Siete diversi
nell’aspetto, ma vivete una vita umana simile sulla stessa terra e che
per tutti ha la sua scadenza. Siete riscattati e fusi dal mio di Sangue,
che vi ha redenti rinnovati a nuova e unica figliolanza. Lo Spirito
Santo sempre lavora per donare a tutti la santità con lo stesso unico
obiettivo di farvi condurre all’eternità. Nell’amore partecipato, in chi
vive di una fede autentica, di un amore fervente con Dio, esce dai
propri schemi e chiusure per dilatarsi e amare tutti. Oggi, che ricordate la presentazione di Maria al
tempio, cosa ne è stato di lei che nella sua più tenera età ha lasciato
la sua casa, i suoi genitori, le persone care che l’avevano avuta
accanto per lasciare il umano rapporto e donarsi completamente a Dio,
distaccandosene anche dal più tenero amore materno per farsi pura
offerta nella sua rinuncia a un amore più grande, per farsi dono per la
salvezza degli uomini. Tutto in Maria sarà vissuto con distacco: amerà
senza preclusioni, con passione, ma senza sentirne il possesso. Ogni
gesto, ogni parola, ogni vicenda e incontro sarà solo manifestazione di
un amore gratuito per la gloria di Dio e per il riscatto delle creature. Anche dinanzi a me la Madonna vivrà la sua maternità
come un dono sublime da servire e adorare, ma che non protende a sé, ma
donato per la salvezza e il bene di tutti, pronta, pur con il cuore
lacerato, a farsi privazione di ogni lecita consolazione al mio di amore
per dare in offerta tale oblazione al cuore delle anime, perché si
formino ad unità con Dio. Lei si è fatta, con me, madre e sorella
dell’umanità. Il suo amore per me maggiorava l’amore per le creature,
era il trampolino di lancio che si proiettava di infiniti orizzonti, ciò
che dovrebbe essere vissuto anche in voi per ogni affetto, lo sprono che
non chiude, non recinge a sé, ma spalanca e arde per tutti. Chiedete alla Madre Santissima che vi alimenti di
questo amore che è santo, puro, vero, e si fa immortale. Amando di cuore
sincero il prossimo voi adempite già a tutti i comandamenti perché non
nuocerete all’altro, dato che lo amate. Vi benedico.
23/11/2023 Gesù Mia piccola Maria, il Signore piange nel Vangelo di
stasera. Io piango, osservando Gerusalemme e la sua prossima
distruzione. Essa non ha riconosciuto il Signore che è venuto a
visitarla. Affermando di essere l’eredità del volere divino, della sua
eletta figliolanza, intanto però mi perseguita, anzi, mi porranno in
croce. Gerusalemme nei suoi maestri e dottori della legge, nelle genti
che li seguono, affermano, da prediletti di Dio, di adempiere i suoi
dettami, di esser degni discendenti e figli della sua Santa Parola, di
ottemperare per la gloria del Padre Santissimo, ma intanto si è
prostituita alla sua di fede, composta di una miscela di tradizioni e
schemi umani, di precetti e ordinamenti puramente di uomo, abbandonando
così la verità: ricerca la propria gloria, per cui non rivestita
dell’autentica luce divina si è fatta cieca, quella cecità che la
condurrà alla sua devastazione, differentemente da Mattatia, di cui
parla la prima lettura, dinanzi alle lusinghe e alle minacce del re che
ordina al popolo di lasciare le antiche leggi di Dio per prostrarsi a
“dei” pagani ed offrire in sacrificio ad essi. Il re addirittura
invita lui, l’uomo prestigioso nella città, con i suoi figli e
fratelli a porsi sottoposto al suo volere per essere di esempio dinanzi
alla popolazione. Mattatia, con la sua famiglia, rifiuta ogni
compromesso, non si fa corrompere dinanzi anche a riceverne in cambio
ricchezze e onore per seguire i dettami falsi del re. Egli abbandona i
suoi averi, la sua casa, lascia la città per ritirarsi tra i monti.
Nonostante la quasi totalità si pieghi alla volontà idolatria del
monarca egli, elogiamente, rimane fedele a Dio. Ecco, Io piango, e il mio pianto si fa dirompente con
il suo singhiozzo poiché vedo la distruzione degli uomini, la morte
nella quale vivono le loro anime che abusano nel male, fattisi ormai
ciechi, si dà persistere e non comprendere che già stanno pagando per le
colpe che commetto. Io sono venuto a porgere la mano, ma gli uomini la
rifiutano. Io sono venuto a portare la pace, ma essi vogliono le guerre.
Io invoco la misericordia, ma inneggiano violenza. Io richiamo alla
purezza, ma vogliono ogni promiscuità e lussuria, ogni genere di
perversione. Educo alla rettitudine, ma continuano a perpetuare
corruzione e ingiustizie. Cosa potrò fare per questo umanità? Come a Gerusalemme
Io dico: “Se aveste compreso quello che porta la pace, ma ora è stato
nascosta ai vostri occhi”. Ciò accade perché i cuori si sono fatti duri,
le coscienze inquinate, non si ricerca più la luce, si diniega e ci si
ribella alla Santissima Volontà del Padre. I peccati, le colpe di cui si
è colpevoli ricadono su chi li ha commessi. Il male compiuto ricade sui
capi di chi l’ha perpetuato a propria devastazione. Ognuno paga ciò di
cui ha compiuto e ne subisce le conseguenze. Il mio pianto è accorato per voi. Vedo perdervi, ma se
ne rimane indifferenti, senza avvedervi al precipizio cui vi
indirizzate. Richiamo quindi i miei piccoli figli, le anime ancora a me
fedeli che come Mattatia non mi hanno rinnegato e mi amano. Venite a me,
fatevi presso di me e asciugate le mie lacrime, siate i consolatori del
mio Cuore lacerato. Per i pochi che ancora mi danno amore, che seguono
il mio Vangelo, pur pochi, Io ne faccio il lievito che fermenta tutta la
materia, la cellula che ricostruisce l’intero organismo, le mura
dell’edificazione della Nuova Gerusalemme tornata a me, ove Io risiederò
e vi porrò il mio trono. Vi benedico.
25/11/2023 Gesù Mia piccola Maria, in questa celebrazione vespertina
già celebrate la mia divina regalità. Io sono Re, Re divino ed
universale. Anche dinanzi a Pilato che mi chiese se Io fossi re, Io gli
risposi: “Tu lo dici”. Io sono Re, ma la mia regalità non è di questo
mondo. Essa vive nell’eternità. Oggi voi siete in cammino per
conoscerla, assimilarla e viverla per poter giungere alla sua pienezza
nel mio regno. Su questa terra i re umani vengono ammirati, adulati e
invidiati per loro stato regale che li pone al di sopra degli altri
uomini, che nella loro lusinga vorrebbero viverne il riflesso della loro
gloria per potersi rivestire dei loro vantaggi. Questo accade anche in
quei paesi ove seppur non sussiste la monarchia, ma dove spesso i
governanti ne vivono una condizione di privilegio, facendosi però
despoti e dominatori, possessori del popolo e dello Stato, di fatto dei
monarca di oppressione che esigono solo di essere serviti. La mia
regalità invece è una regalità d’amore che santifica, che non è venuta
ad asservire gli uomini ma a servirli. Io sono Re, sono Re nella mia potenza creatrice che nei
suoi elementi vive del suo potere di dare vita ad ogni cosa creata e ne
dà sussistenza in un modo perpetuo. Tutto in me vive. Sono Re nella mia
redenzione, mi sono posto su un trono sulla croce per patire un parto di
dolore immane che nel mio Sangue offerto via ha ricreato a una nuova
vita superiore, vincendo ogni morte. Sono Re nello spirito che vi
infonde la santità innestando nella creazione data la mia redenzione: vi
amalgama, vi permea dello Spirito Santo facendosene collante per dare a
tutti liberazione, salvezza e santificazione. La mia regalità vive nel seggio del vostro cuore, ove
coloro che vogliono seguirmi partecipano del mio insegnamento, amano e
imparano da me a vivere un amore che prorompe e non può essere
trattenuto a sé, ma si riversa sui fratelli. Quell’amore che si protende
e di cui Io descrivo nel Vangelo, che si fa cura, accudimento
dell’altro, nello sfamare chi ha fame, nell’abbeverare chi ha sete, nel
vestire chi è ignudo, nel soccorrere il povero o chi ha bisogno di
essere visitato perché in carcere o custodito in chi è malato, la carità
che si effonde ove sussista il pianto e il bisogno del fratello. Chi ama
accorre e si prodiga. La carità offerta però nella fame, nella sete, nella
nudità ed altro, si eleva e si riversa nel suo richiamo anche nello
spirito, in chi agonizza nell’amore, che è solo, sconfortato, che non ha
il cibo di Dio, né la sua acqua, né il suo rivestimento, né la sua cura
e il suo soccorso, nel soccorrere i bisogni dell’anima in un amore che
si fa ancora più elevato e vi innalza al cielo poiché non riconosciuto,
spesso non visibile, e ancor più nobile in quanto non se ne constata
l’effetto. L’amore ha le sue sfaccettature e dimensioni che non si
contrappongono, ma le une vanno accompagnate alle altre, e a secondo
della missione, del compito dato, siete chiamati a donarle
ottemperandole. Chi si fa mio eleva il suo cuore a me, ne riceve l’amore
e amandomi egli porta in sé il timbro della mia sostanza d’amore, sì che
quando giungerà a me, sia nel giudizio personale come in quello
universale, Io lo riconoscerò, farà parte di me ed entrerà nel mio
regno. Chi invece mi ha disconosciuto, non ha voluto amarmi e
non ha amato, non porta questo timbro di riconoscimento, non possiede la
mia sostanza di appartenenza: mi si è fatto estraneo e non può che
essere cacciato. La mia regalità vive dell’amore e l’amore si fa
attrattivo quanto più si protende nel suo anelito, nel suo desiderio al
cielo, quanto più come una calamita i poli dello Spirito e quello umano
si attraggono per farsi un’unica cosa, un’unica realtà che ama. Iddio
trasfigura la sua regalità in chi ama e ne trasfonde il riflesso delle
sue potenzialità: ne acquisite gli attributi e già da questa terra ne
potete essere permeati e diffonderne i tesori a tutte le creature. Ne
sono testimoni i santi. Amate, figli. Amando voi glorificate la mia regalità
per non essere sudditi, ma figli di Re. Vi benedico.
27/11/2023 Gesù Mia piccola Maria, ogni tempo ha la sua prova, ma se si
è con Dio ogni tempo che scorre ne porta la sua risoluzione e si risana. Ecco nel Vangelo di stasera una povera vedova, proprio
misera nei suoi averi, all’offerta del tempio dona tutto ciò che ha:
solo due monetine. Umanamente aveva dato meno di tutti gli altri, ma nel
suo dono, nel quale si era privata di ogni cosa da non avere di che
vivere e nutrirsi per il giorno dopo, ella si è abbandonata a una fede
totale a Dio sì che la sua offerta si è fatta più preziosa e santa di
tutti. Gli altri avevano dati il superfluo e le rimanenze dei loro beni:
ella aveva dato tutto. Il Padre celeste ha gradito l’offerta e la ha
maggiorata per i secoli senza fine. Figli, tutti siete chiamati a donare, a fare la vostra
di offerta. Voi che spesso invece non fate che recriminare le vostre
mancanze e chiedete perlopiù ciò che voi volete, che si fa spesso
contrario alla volontà del Padre, ma voi, pensate, voi cosa date? Forse
che Iddio voglia da voi opere somme, grandiosi atti di imponenza e di
ricchezza? Chissà quali straordinarie edificazioni a suo nome? Iddio
vuole il vostro cuore, vuole l’offerta di voi stessi. Si possono sì anche costruire costruzioni e dedicazione
offerte a lui, ma che siano sempre espressione dell’amore con il quale
lo fate. Sappiate comunque che quanto più la creatura non ha chissà
quali possibilità, ma quel poco che possiede lo offre a Dio con lo
slancio di una sincera dedizione e dono, tale oblazione supera le altre.
Essa si fa preziosa, nobile ed eterna. Diranno: “Signore, ma cosa
possiamo dare?”. Tutti hanno qualcosa, tutti Iddio ha beneficiato nei
suoi beni, ma attende un cuore generoso che nell’amore a lui glielo
rioffra: tale offerta si fa santa. Sia la vostra l’offerta nel tempo che vivete della
gioia, come quella del dolore con le sue sofferenze, il tempo che potete
dare nel soccorso con la vostra carità ai più poveri e bisognosi, la
vostra partecipazione di cura ai malati, il conforto agli afflitti.
Offrite la vostra comunione con Dio per offrire a lui la vostra
consolazione, la vostra dedizione, il vostro amore che si protende al
Cielo per riparare tante ingratitudini e offese che il Padre Santissimo
riceve dagli uomini. Potete offrire il dono della vostra persona, del
vostro operato, della vostra vita in riparazione al peccato che si
commette per la salvezza delle anime. Ricordate, all’apparizione dell’angelo del Portogallo
egli esortò i bimbi di Fatima chiedendo loro: “Consolate il vostro
Dio!”. Anche il Santissimo Sovrano a cui tutto è bastante attende il
vostro amore riparatore che consola il suo Cuore che è così offeso. Tale
amore si fa simile a un unguento che risana le ferite inferte. L’amore
richiama l’amore, si nutre di esso e si maggiora evolvendosi su tutti. Nella vostra offerta partecipata di cuore voi lo amate.
È come un incenso che si innalza per portarne il suo tripudio di lode
che si unisce alla sua gloria, e ne fate discendere le piogge delle sue
grazie. Ahimè, la maggior parte dell’umanità trattiene a sé i
beni ricevuti da Dio, se ne impossessa e non ne fa dono, non
comprendendo che il bene trattenuto a sé muore, decade. Solo ciò che
viene offerto nel proprio servizio per la gloria divina rimane e vive
maggiorandosi in eterno. Date la primizia al vostro Padre celeste, ciò
che vibra in voi e vi è più caro. Mentre voi che cosa date, se poi date?
Gli scarti, le rimanenze, ciò che non è importante. Il vostro stesso
comportamento con il prossimo lo esprime. Chi invitate ai vostri pranzi?
Chi può ricambiare e darvi gratificazione, e non chi è indigente, chi è
nella necessità e non può darvi ricambio. Cosa date ai poveri dei vostri
abiti? Ciò che non mettete, del vecchio e super usato. A chi date i
vostri ori più preziosi? Vengono riposti nei vostri cassetti per
decenni, mentre potrebbero offrire cure e medicinali a chi non può. Come mai accade questo? Perché non si ha sapienza, non
si comprende, dato che non è entrata ancora la luce della fede che si
esprime nella carità e si fa pieno dono. Come assimilare tale luce, se
non nella preghiera fervente e vivendo un’intensa unione con Dio? Oggi, che ricordate la Madonna della medaglia
miracolosa, ella è venuta puntuale al suo appuntamento, ricolma di
tesori spirituali, di grazie e provvidenze, di ogni salute e prosperità.
Molti cristiani la hanno invocata, ma pochi, in considerazione del
numero della moltitudine, sì che i doni della Madre Santissima sono
rimasti con tristezza a lei che voleva ricolmarne i figli. Tali
invocazioni di preghiera, fatte con animo sincero, con fede fervente,
fanno discendere la scienza del dono: si riceve sì, ma per saper dare.
Ella vi arricchisce perché voi ne arricchiate. Tutto vi viene dal cielo
e tutto deve tornare ad esso, benedetto dalla
vostra offerta. Figli, siate umili nel chiedere e generosi nel dare.
Iddio, che è munifico, ampia ciò che avete offerto nella sua benedizione
su tutte le creature. Vi benedico.
29/11/2023 Gesù Mia piccola Maria, nel Vangelo di stasera do
rivelazione ai miei discepoli della loro missione. Missione che verrà
perseguitata: riceveranno discriminazioni, rifiuti, ingiustizie dal
mondo, vessazioni dal demonio, tradimento dalle stesse persone a loro
vicino, ogni incomprensione e lo stesso martirio. Nel corso della storia
tutti coloro che autenticamente si sono fatti miei seguaci, a causa del
mio Nome hanno subito ogni genere di dolore e tribolazioni. Quanti
martiri che, a testimonianza della fede, hanno versato il loro sangue.
Forse che tutto questo è stata una perdita, un fallimento? No, vi dico,
ma una vittoria. Tanta sofferenza e tanto sangue dato sono stati
rigeneratori di vita, a immagine del loro maestro e salvatore la cui
morte si è fatta risurrezione. Come una madre che dà il suo sangue per
il parto della sua creatura, così i miei cristiani perseguitati si sono
fatti perpetuatori di nuova nascita per le anime e la Chiesa, sì che voi
del loro sacrificio ne usufruite il loro beneficio e la grazia. La persecuzione prosegue anche ai vostri giorni, in
paesi a voi distanti: quanti dolori, quante oppressioni, soprattutto in
stati dominatori e pagani che non vogliono che la luce di verità del
cristianesimo si espanda e possa così detronizzare il loro potere
iniquo. Viene vietata la libera espressione della fede, non permessi i
sacri misteri, e a quante rinunce ed abusi certi popoli debbono subire.
Forse che anche da voi non sussista la persecuzione? Oh, avete ancora la
grazia di poter liberamente professare il vostro credo e andare alle
funzioni, ricevere i Sacramenti, essere liberi di poter dire di essere
cristiani, ma in modo più subdolo e oscuro sussiste la derisione e il
disprezzo, una persecuzione sottile sia nei posti di lavoro nel quale si
viene emarginati, ma particolarmente nelle famiglie. La persecuzione si farà ancora più grave, poiché i
cristiani si fanno sempre meno presenti nella loro testimonianza,
pregano sempre meno, si fanno sempre più deboli e minori nel numero, e
la muraglia delle vostre nazioni cristiane, il cui baluardo della fede
nello spirito tratteneva ogni intrusione, ogni attacco, si fa sempre più
blanda in lacera e il demonio, che è sempre lui che fomenta
l’oppressione, è già entrato. Egli, mio nemico, attacca i miei per
colpire me e per arrestare il mio regno d’amore che gli è contrario e ne
limita il suo che è malvagio. Giungeranno i tempi in cui la condanna si farà palese
per i miei seguaci. Molti daranno la vita, ma ancora tali dolori e tanto
sangue saranno riscatto che lava il peccato e rinascita per l’umanità e
la Chiesa. Non temete, figli, ancora sarà vittoria, non una perdita né
un fallimento, poiché coloro che saranno martiri nel mio nome vengono
già preparati per esso, ne ricevono la grazia di ogni fortezza e le
porte del Cielo si spalancheranno subito per essi, ricevendo l’aureola
che li cingerà ad eroi del cielo. Degli altri, seppur tra dolori e duri
sacrifici, Iddio che è Padre a coloro che gli saranno rimasti fedeli li
ricoprirà della sua santa protezione e ne riformerà il suo popolo santo.
Chi si salverà? Chi sarà stato perseverante fino alla fine, fiducioso in
colui che non abbandona, che tempra la fede nel fuoco, ma è vicino,
sostiene e salva. Cosa sarà di coloro che sono stati i persecutori,
coloro che sono stati gli artefici di tanta violenza? Essi ne subiranno
le conseguenze. Chi compie il male, se non si riscatta, lo subisce e lo
riceve poi su di sé. Lo espone bene la prima lettura, quando il re
Baldassarre, che aveva bevuto e banchettato con i sacri calici rubati
nel tempio di Israele brindando a dei pagani e deridendo il Santissimo
Signore, al suo tempo maturo ne subisce la condanna che Daniele stesso
gli profetizza: è stato trovato colpevole, viene condannato e il suo
regno spaccato. Ugualmente per voi, figli miei. Troverete presenti gli
aguzzini che vi hanno tormentato, ritenendosi intoccabili non solo
dinanzi alla gloria di Dio, ma anche alla vostra. Essi diverranno come
cenere al vostro sguardo, comprendendo di aver loro fallito ogni cosa,
di aver perduto tutto, di essere stati degli stolti, sì che voi ne
andrete alle bellezze di ogni delizia ed essi al buio eterno. Vi benedico.
Siate portatori del lieto annuncio 30/11/2023 Gesù Mia piccola Maria, come sono belli i passi di coloro
che portano il lieto annuncio, dice San Paolo stasera, i passi che vanno
nel mondo per diffondere la voce di Dio e la sua Santa Parola, ma anche
di quelli che vanno per compiere atti di amore e di ogni bene,
espressione sempre del mio insegnamento. Passi che vanno, che sanno
andare, poiché già qualcuno è andato prima a portare ad essi la lieta
novella. Al santo messaggio ricevuto siete chiamati poi anche voi a
farvene annunciatori. Oggi, che ricordate Sant’Andrea apostolo, egli al mio
incontro, al mio invito in cui richiamo lui e Pietro: “Venite dietro a
me”, essi lasciarono subito le reti della pesca, la casa paterna, ogni
proprio interesse per venire alla mia sequela, si abbandonarono
fiduciosi a me seguendomi. Andrea percorrerà le mie orme e poi porterà i
suoi passi in altre terre per evangelizzare, per portare il lieto
annuncio sino a morirne martire. “Venite dietro a me” è esortazione di tutti. Io chiamo
tutti a seguirmi, dato che la mia strada è via di verità, di giustizia e
carità. Solo percorrendola dietro di me, che ve ne traccio il cammino e
vi indico la via da percorrere per voi, secondo la vostra missione, voi
stessi poi vi fate portatori di tale messaggio. Ma come porvi al mio
seguito all’ascolto della mia parola, se non come Andrea e gli altri
apostoli, se non lasciando tutto senza caricarvi di fardelli, di zavorre
nei vostri legami che vi impedirebbero il cammino, o almeno renderebbe
pesante l’andare, rallentando il suo proseguo? Solo liberi, leggeri, voi
prendete spediti la via per potervi ricolmare dei miei dettami e farvene
poi portavoce. Mi direte: “Signore, ma noi non siamo né sacerdoti, né
missionari, né consacrati per intraprendere tale viaggio. Viviamo nel
mondo, abbiamo famiglia: come potremmo seguirti per farci tuoi
messaggeri? Ma siete figli, figli dello stesso Padre Santissimo che
vuole che, pur non lasciando quello che per i consacrati è una chiamata
più drastica, più severa nel loro abbandono dal mondo, siate però
distaccati dall’idolatria del vostro cuore, che lasciate tanti
attaccamenti agli idoli e le vanità di ogni superfluo per farvi
fiduciosi e amanti dell’unico vero amore nel vostro Signore. E con
l’animo aperto e libero vi fate autenticamente disponibili a percorrere
con me, pur nei vostri ambiti umani, sociali, lavorativi, familiari,
facendovi parola incarnata che si fa passo verso gli altri, dato che la
Santa Parola è per tutti i figli dell’uomo. Ognuno si santifica e si può fare santo lasciando che
Iddio conquisti la sua anima, e conquistata la sua al suo seguito si
farà come Sant’Andrea, come gli altri apostoli, anch’egli pescatore a
sua volta di anime. Forse non andrà in terre lontane, non morirà
martire, ma il suo passo recherà il lieto annuncio, poiché il cammino
porterà la sua voce di verità ovunque operi, i suoi atti di carità
protenderanno nel bene profuso ovunque vada, la sua strada sarà via di
ogni giustizia ovunque si trovi. Siete figli del Padre vostro e i figli imparano a
venire dietro i genitori, imparano da essi a camminare per andare poi
nel mondo. Solo quando le loro gambe si fanno forti e agili, solo quando
il loro passo si fa certo potranno poi portare gli insegnamenti ricevuti
nel bene, ma se dovessero abbandonare la strada del cammino che gli è
stata tracciata si disperderanno. Ugualmente per chi dovesse lasciare la
strada del mio di cammini, si ritroverà in percorsi errati e cattivi, e
si farà a sua volta portatore di cattivi annunci. Venite sempre dietro a me, e vi condurrò diretti verso
la casa del Padre mio. Vi benedico.
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