Novembre 2023

     I defunti

02/11/2023

Gesù

Mia piccola Maria, oggi celebrate la commemorazione dei defunti, che sono tutti viventi. Essi vivono e provano, a secondo della loro condizione, emozioni e sentimenti sia nella beatitudine, nella purgazione, come nella dannazione. Voi li definite morti, ma essi sussistono e tutti sono ricordati da Dio, nessuno è dimenticato di coloro che hanno varcato questo suolo, fosse stato solo l’istante di un battito di ali nel grembo materno, o di pochi anni dell’infanzia, come per chi ha vissuto una lunga vita o per chi è scomparso dalla memoria degli uomini. Iddio chiama ognuno per nome. Il nome di chi lo ha ricevuto già in terra o, se non dato, il nome che il Padre Santissimo dà loro. Ma essi vivono, vedono, conoscono gli eventi della terra, dei loro conoscenti e cari, e pregano per voi.

Chi è nella beatitudine prova la gioia, l’esplosione del cuore e di tutto il gaudio. Se uno fosse dissolto nella morte non potrebbe provare tali emozioni. Nella purgazione le anime, nella loro purificazione, soffrono, gemono, ma vivono di speranza e gratitudine per essere salvati, patimento e brama di desiderio del cielo sussiste in essi, che in chi è spento per sempre non può avvertire. Nella dannazione, ove le anime sono nella rabbia, nella ribellione della loro acclarata ferocia e crudeltà, vi è uno spasimo di disperazione che in chi è assopito nella morte non può più patire.

Essi sono i viventi che nel loro stadio di esistenza, che va oltre questa vostra vita, si è trasformata, ma non è cessata: è cambiata, ma non si è spenta. Essi attendono da voi le preci, le impetrazioni, le indulgenze che se offerte a chi esulta nei cieli, ne accresce la gloria e la felicità, ne maggiora le potenzialità del loro soccorso a voi e alle molteplici necessità che voi presentate. Potete pregare per loro per chiederne intercessione alle vostre grazie, poiché entrati nel regno eterno, fattisi abitanti del luogo divino, sono ormai santi e possono perorare le vostre cause presso il trono di Dio.

In purgatorio le anime si fanno più trepidanti e accorate nell’implorazione dell’aiuto della vostra preghiera per poter anticipare e uscire da tale luogo di dolore e di ardore, per il ricongiungimento al Padre celeste che li attende. Esse, per la vostra carità offerta loro, che fa sì che vi si facciano più vicine per prestarvi aiuto nei vostri bisogni, possono soccorrervi e darvi perché vivono salve nell’eternità, e già proiettate alle divine altezze. La vostra pietà per loro sarà ricordata. In quanto grate saranno intercedenti alla vostra di purgazione aiutandovi.

Per coloro che invece sono andati dannati ogni prece, ogni vocazione data ad essi è inutile. Non c’è più ritorno, non più proroga, non più cambiamento, anzi l’orare e le offerte dategli arrecano maggiore tribolazione. Sappiate che se anche queste anime ormai perdute sono state a voi vicine, hanno condiviso un tratto della vostra vita, non vi amano più, fosse pure anche familiari, dato che in tale stato e luogo c’è solo disperazione e odio e, se invocati, vi arrecano solo danno, in quanto il loro desiderio e scopo è di condurre tutti all’inferno, di portarvi nella medesima loro condanna e pena.

Quando pregate per chi ha varcato la soglia dell’oltre, chiedete prima al Signore che la vostra prece vada per chi si è in lui salvato, che la sua anima viva in Dio. Se voi vivrete dell’amore divino, se avrete avuto rapporto con il vostro Signore e salvatore, se avrete partecipato della sua grazia, voi rivedrete coloro che avete amato e conosciuto e si sono salvati, fattisi amici e fratelli. Vi rincontrerete, vi riconoscerete, condividerete la bellezza del paradiso nell’infinito amore. Pregate. Ciò che essi attendono da voi nel vostro ricordo è la preghiera della Santa Messa, l’invocazione del Preziosissimo Sangue, la carità offerta in suffragio per le loro anime.

Consacrateli al Divin Cuore e al Cuore di Maria accelerandone così il percorso di liberazione. Potete mandare i vostri angeli custodi a portarne il saluto e il vostro messaggio: lo ascoltano, e li consolerete. L’anello di congiunzione per ritrovarvi è sempre Dio.

Oggi molti si sono recati nei cimiteri per visitarli, ed è cosa buona, ma lì sono deposte solo le ossa e pochi pregano per i loro spiriti, quello spirito che vive e non può perire: è il soffio del Creatore che è eterno, quello spirito di cui oggi essi sono e voi domani sarete.

Vi benedico.

 

     I sacerdoti farisei

04/11/2023

Gesù

Mia piccola Maria, il discorso del Vangelo stasera è grave, riprende i farisei ripieni di orgoglio e superbia. Nonostante i profondi studi sulle Sacre Scritture, sono accecati: lo studio ne ha solo incrementato la boria. Essi vogliono essere ammirati, ricercano i primi posti, come il pavone ruotano la coda perché le persone ne gridino di meraviglia. Usano Dio e si rivestono di santità per esserne glorificati: un sacrilegio. Essi glorificano sé stessi: quale utilità ha il loro servizio? Io li richiamo all’umiltà. Solo chi è umile si fa autentico servitore di Dio, mentre essi si fanno duri e condannano le genti, ma sono clementi e giustificano il loro cattivo operato.

In tutti i tempi i farisei sussistono: sacerdoti di ieri, come quelli odierni, che nella loro funzione si ammantano di ipocrisia. A differenza di un tempo, che si presentavano nella loro sfrontatezza, oggi si rivestono di una maschera di umiltà, ma le ambizioni sono le medesime: la ricerca di prestigio, il podio e l’applauso sono gli stessi, e tanto più si sale nei ranghi, quanto più troverete prelati che amano il potere e la propria affermazione.

Quale dolore è per me il sacerdozio di oggi, un dolore che mi squarcia il Cuore e mi penetra fino alle fibre più intime, più del peccato che occupa nel mondo, in quanto un sacerdote che ricerca la propria brama sarà portatore di tenebre e non di luce, sarà la guida falsa che condurrà a percorsi deviati. Il suo insegnamento sarà errato e deformerà le coscienze. Ogni sacerdote fariseo che vive del suo errore e della sua oscurità, di ogni suo primato personale, condurrà alle tenebre molte anime, come invece un sacerdote benedetto, verace, fedele e illuminato condurrà alla luce e alla santificazione.

È fondamentale la santità in un sacerdote, che può acquisire solo nell’umiltà. Come potete comprendere e affidarvi a un sacerdote? Notate proprio che sia umile, che sia a servizio delle creature, se ama l’Eucaristia, non a parole con i suoi alti concetti, ma se si pone adorante e spesso alla sua presenza, se si pone a diffondere e partecipare con i fedeli alla preghiera, se onora la Santa Madre e ne esorta la devozione. Solo quando si pratichi, si eserciti le realtà divine, ci si può rivestire dei loro santi effetti, assimilarle per poi porsi a servire le anime e condurle a Dio.

Come vengo invece trattato da molti sacerdoti? Vengo trattato con freddezza e superficialità, particolarmente nelle Sacre Specie, le Sante Messe celebrate con la fretta di chi deve sbrigarsi per fare altro, spesso dato ai fedeli, soprattutto in celebrazioni numerose, come cibo per cani, gettato tra le mani anche distanti o fatto passare da altri per essere ricevuto da chi mi è lontano da ogni grazia o finire calpestato.

Vengo abbandonato nei Tabernacoli, mi si passa innanzi indifferenti: i molti sacerdoti che non vi si prostrano più in orazione. Vengo offerto per la distribuzione eucaristica a chi non ne ha requisito e senza nessun rivestimento sacro che mi dia onore, che dia rilievo a ciò che Io-Sono.

Quanti ancora predicano secondo ciò che ho detto? Chi parla ancora dei novissimi, dell’inferno e del purgatorio che vi attendono, che Dio è amore, ma vive anche della sua giustizia. Chi parla dell’azione del demonio e come tutelarsi, come evitare certi comportamenti e situazioni dell’occulto che permettono la sua entrata e la sua cattiva influenza? Non se ne parla per timore di offendere la suscettibilità dell’uomo e omettono tali verità che possono invece salvarli, il timore di perdere il beneplacito e la stima per essere compiacenti al mondo, perché ormai quanti uomini di Chiesa non vi credono più? Sacerdoti fattisi pragmatici e razionali, che basano il loro pensiero solo sulla ragione, omettendo ciò che nella fede è invece irrazionale, che vive dello stupore dello spirito e della scoperta di Dio che è insondabile e supera i limiti della vostra comprensione o della scienza, ma che va ricercato in ciò che Dio vi ha detto e deve essere vissuto.

Altri miei ministri, figli che mi sono rimasti fedeli, spesso si trovano lacerati e contrastati dai loro confratelli che vivono ormai un modernismo che non mi rappresenta e non mi appartiene. Io sono il Padre, il Maestro e la guida di ogni tempo: passato, presente e futuro. Sono secondo il pensiero e la parola già espressa e testimoniata con la mia Persona e la mia vita, allora e per sempre.

 Benedetti coloro che mi seguono, pur se pagano il rifiuto di un mondo che si è fatto duro e difficile alla mia recezione. Io vi dico che avrete la protezione divina che vi avvolgerà, la Madre Santissima che espanderà su di voi il suo manto e sarete parte della pupilla stessa di Dio, che maggiorerà la vostra opera dandone ogni santificazione.

Sorgerà, sorgerà una nuova Chiesa e un nuovo Sacerdozio che si farà povero, umile, forte e ricolmo di Spirito Santo.

Vi benedico.

 

     La chiamata al banchetto divino

07/11/2023

Gesù

Mia piccola Maria, su tutti mi protendo ed opero. Ecco, la voce di Dio si spande su tutta la terra, la sua voce chiama ogni uomo e si dirama in ogni luogo, ma gli uomini non l’avvertono: sono presi dalle loro molteplici attività, dai loro problemi e affanni, dalla corsa ai loro piaceri, assordati dai rumori del mondo che non la odono, non sentono la voce di Dio. Iddio li chiama perché vengano al suo divin banchetto, chiama con l’ardore dell’amato verso l’amata, come il padre più tenero verso i suoi figli, come il fratello che vuole accanto a sé i fratelli, l’amico che vuole condividere con l’amico. Nessuno più di lui ha amore da dare e più potere per soccorrere. Eppure al suo invito al suo banchetto la massa delle creature lo disdice: non hanno tempo.

Si ripresenta la parabola del Vangelo: il padrone di casa che è immagine del Santissimo Padre, prepara un lauto banchetto e manda il suo invito a molti per parteciparvi, ma essi ne danno il loro rifiuto, chi perché devo accudire ai suoi affari, chi perché deve custodire il bestiame, chi perché si è appena sposato.

Nel corso della storia si ripresenta continuamente la medesima situazione. Il Signore chiama al suo sacro convito e si ripete il diniego degli uomini, chi perché ha famiglia, chi per i suoi impegni e studi, chi per i suoi guadagni, ma non si ha tempo. Come mai questo accade? Perché dietro a giustificazione e motivazioni che, pur derivando non dal male o dal peccato e sono ammantate di onestà e di bene, si nasconde però il proprio ego: il fatto di rendersi e credersi indispensabili e necessari, persino vitali alla propria opera, posticipando così la chiamata divina ritenuta una perdita di tempo, o rimandata ad altri periodi.

Cosa desidera invece Iddio? Che prima gli uomini vengano e si nutrano al sacro convito e poi vadano alle loro imprese. Egli è il Padre onnipotente, ne darà tutto il tempo necessario, ogni capacità d’aiuto alle loro opere, che con la sua mano riusciranno, e ne darà santificazione. Questa è la fede: l’abbandono, la fiducia in Dio, ma è proprio la fede che manca, il suo amore che non viene corrisposto.

In tempi più lontani, quando il lavoro si faceva più duro nei campi, nelle fabbriche, nelle miniere, quando nelle mura di casa la prole era più numerosa e il sacrificio più arduo, quando le anime avevano realmente sete, pur dinanzi a tali difficoltà, esse amavano e trovano il tempo per venire alla Santa Messa, spesso in orari e distanze che si facevano eroiche e la prece raccoglieva la famiglia unita ai vespri.

Oggi l’uomo non ha tempo per il Signore, ma quanto ne disperde in cose vane e futili. E per coloro che si ritengono i giusti, i credenti, ma poi non si pongono in opera per la vigna del Signore, per ciò che possono dare, e di cui il Signore sa e conosce la misura e la forza di ognuno, di quanta sia la loro capacità per potersi porre al suo lavoro per la strada che conduce al suo banchetto. E come? Aiutando a toglierne gli ostacoli e gli intralci per renderla agevole al suo percorso ai fratelli, nel farsi luce al loro cammino, nel dare sostegno a chi fa più sacrificio ed è più debole a giungervi. Pur potendo, avendone facoltà, ma debbono fare rinuncia a sé stessi, affermano di non avere tempo.

Cosa fa allora il Signore Iddio? Volge lo sguardo ai più poveri e disperati, a quelli che sono considerati più peccatori: li fa chiamare dai crocicchi nelle vie più disperse e lontane, nei luoghi più malsani, in modo che vengano essi al suo banchetto. E vi dico che fra di loro, di quelli che recepiscono il suo invito, sono molti quelli che, avendo conosciuto la morte nel loro peccato, ravveduti ne hanno compreso poi la gioia della salvezza di una vita risorta e ritrovata, la felicità del privilegio di unirsi al banchetto di Dio.

Io ancora chiamo e chiamerò, la mia voce si espande e risuona, ma siate saggi. Preparatevi per dare il vostro consenso per aderire a vivere la priorità divina. Tutto il resto vi verrà dato in sovrappiù. Se voi aveste questa fede, credete, tante problematiche, tanti crucci e dolori verrebbero risolti: il Padre li districherà per voi. Dinanzi al vostro abbandono, alla vostra adesione, alla vostra ricerca di lui, alla buona volontà al consenso del suo invito, egli si prodigherà per voi.

Se ancora si obietterà però di non poter partecipare al suo banchetto perché non si ha tempo e si preferisca fare altro, seppur cosa onesta, quando si giungerà a me, dinanzi alla bellezza e ai suoni celestiali del banchetto divino, al quale poi si vorrà poter prendere parte, molti non potranno entrare ed altri molto dovranno attendere per accedervi.

Vi benedico.

 

     La purificazione della Chiesa

09/11/2023

Gesù

Mia piccola Maria, oggi si celebra la dedicazione della basilica di San Giovanni, madre di tutte le chiese, e l’attenzione va allo Stato della Chiesa odierna, alla mia Santissima Sposa tanto amata che al mio amore, alla mia cura, ha preferito la prostituzione: si è prostituita a tanti “dei” stranieri, lasciando così che la corruzione la invadesse. Mi tradisce in ogni concupiscenza e ne dà scandole ai suoi figli. Essa, che è infusa dallo Spirito Santo, colmata dai tesori divini, creata dall’altissimo Signore che l’ha fecondata nel Sangue di suo Figlio per renderla pura e santa, si è data a ciò che corrompe e la insidia di male al suo interno: un verme che è dentro di essa la sta mangiando e divorando.

Ecco, nel Vangelo di stasera entro nel tempio del mio Santissimo Padre, che ne era stata fatta piazza di mercato, luogo di compravendita, di scambia valute, di commercio e affari, mentre doveva essere per ciò che rappresentava la casa di Dio, luogo di preghiera e adorazione, ove ci si prostra adoranti, portando l’offerta di sé nella ricerca e nel desiderio della sua santità. Ne sono rimasto sdegnato e preso da santa ira ne ho cacciato con la verga i mercanti, fatto cadere i banchi di vendita, ne ho allontanato il bestiame. Ho dato purificazione ed educazione alle coscienze con il mio atto che doveva riportare al suo santo ordine.

In tutti i tempi la Chiesa è stata insidiata dal male, che ha cercato di investirla attaccandola, o direttamente o in modo subdolo, con menzogne e falsità rivestite di perbenismo e formalità, ma che avevano sempre come scopo quella di devastarla e di annientarla. Ma mai come in quest’ultimi decenni il maligno ha preso potere in essa, corrompendo gli uomini che vi operano: persone sacre adibite alla sua tutela nel portare maggiori opere di santificazione, di evoluzione della fede e di ogni grazia nelle anime. Cosa invece ne ha cambiato gli intenti? La corruzione del denaro che compra e può soddisfare la sete di potere e di ogni ambizione, pagarne i propri desideri e la lussuria e, lasciandosi comprare, se ne sono rotti gli argini di protezione e vi è entrato il demonio infettando con tutto il suo veleno.

Simili a Giuda per trenta denari si ripete il tradimento: si vende Cristo, il proprio salvatore e maestro, la sua fede, il suo insegnamento, la sacra parola, ogni mia parte per annientare la mia Persona e farne della mia sposa, eliminando lo Spirito di Dio e la sua sacralità, una potenza umana e sociale che dà rilievo all’uomo e non dà più salvezza.

Cosa ci vuole per ripararla, per ristabilire il suo degno ordine? Ci vuole la verga, la verga di Dio che ne spazzi via i demoni, che ne cacci l’intera onta con il quale hanno bivaccato e sporcato la mia Santa Casa, hanno diramato la loro cloaca di peccato: la verga formata da sacerdoti santi che si adoperino con esorcismi su di essa, con l’orazione fervente di una preghiera feconda nel quale facciano pregare in tutte le chiese i fedeli che si pongono in adorazione per allontanarne tutto il male. Così si faranno antidoti con i mezzi di Dio nella loro vita di rigore e fedeltà. Ci vogliono poi i laici, tutti i fedeli che si pongano in preghiera e pentimento dalle loro colpe, che facciano digiuno e penitenza ed implorino il Signore Iddio che lavi con le loro lacrime la putredine che alberga nella Chiesa. Queste sarebbero le verghe che potrebbero risanare le cattive situazioni e cacciarne l’iniquità.

Poiché però sono pochi coloro che nel confronto della moltitudine dell’intera Chiesa vi si adoperano e vi si adopererebbero, essa dovrà essere purificata con il dolore e il sangue che Io non avrei voluto, ma che si fa necessario perché i cristiani non ascoltano. Solo tale lavacro farà sì che la mia sposa torni bella, pura, senza macchie e piaghe di infezione, più santa di prima, che ritorni fedele a me.

Ecco, pensano di distruggere il mio tempio, ma così come ho detto nel Vangelo: distruggete questo mio tempio ed Io lo ricostruirò. Passerà come me la Chiesa, simile al mio corpo nella passione e morte, la sua risurrezione. La Chiesa non può essere distrutta, sia qui nel cammino terreno pellegrina e poi nella sua gloria futura.

Vi benedico.

 

     Le vergini saggie, le vergini stolte

12/11/2023

Gesù

Mia piccola Maria, il Signore Iddio si adopera per andare in soccorso a questi popoli straziati, ma gli uomini fanno da ostacolo e si oppongono. La loro ferocia si fa muraglia al quale Iddio, nel loro libero arbitrio, non varca.

Ecco, la parabola del Vangelo di oggi delle dieci vergini, cinque saggie e cinque stolte, vi presenta in loro lo spaccato del genere umano.

Da una parte c’è chi si fa saggio, adoperandosi ad alimentare la propria anima nella fede, mantenendo con la loro cura l’olio della loro lampada accesa. Vi si prodigano con la preghiera, la carità operosa, il desiderio di Dio, la sua ricerca: è un cammino che dura nell’arco della vita senza stancarsi, con pazienza e perseveranza, tra le difficoltà e i sacrifici, senza demordere nonostante le prove o che il Signore, loro Sposo, giunga tarda notte. Esse però sono pronte. Il loro operato che ne ha temprato la fede nella loro attesa ha rivestito la loro anima dell’abito da sposa, lo ha ornato di rifiniture pregiate in un abito nuziale degno di entrare ed essere accolto alle nozze divine.

L’altra parte dell’uman genere si sono fatti stolti, hanno lasciato che la lampada della fede della loro anima si spengesse, non l’hanno alimentata, sono rimasti apatici e indifferenti, hanno pensato solo a soddisfare e ingrassare le loro carni, a rivolgere il cuore alle cose della terra non preparandosi, non rivestendosi dell’abito nuziale, sì che quando poi giunge lo Sposo Divino li trova spogli e disadorni, laceri e sporchi. Essi vogliono comunque partecipare e vorrebbero lo stesso entrare alle delizie del cielo, ma il Santissimo Sposo e Sovrano le rifiuta poiché non le conosce, non hanno creato con lui nessun rapporto.

Perché le prime vergini sono sagge? Hanno ricercato e accolto la sapienza che viene descritta nella prima lettura, hanno compreso il fondamento dei valori che vanno vissuti e che il valore supremo che si erge su di essi e li sostiene è Dio stesso. Esse si sono adoperate con tutte le loro forze per conquistare il loro amato, bene prezioso che sia eleva e spicca come perla sovrana e rilucente su tutti i beni, e quale vittoria è conquistata!

Coloro che invece si sono fatti stolti, si sono ripiegati al mondo, a gozzovigliare nel vuoto, ad adoperarsi nel nulla che, seppur non decaduti nel male, sono ricoperti dell’esteriorità, della futilità della terra, dalla terra saranno sommersi e torneranno.

Figli, tenete le vostre lampade accese con la fede, la speranza e la carità. Siano esercitate con la fede di chi crede e vive della parola di Dio, vera certezza di ogni fondamento di verità, nella speranza di chi spera e brama del suo incontro, della sua fusione e viene proiettato al desiderio del cielo ove Dio risiede, nella carità di un amore che si infonde nell’Onnipotente per assimilarlo e poi darlo per trasmetterlo ai fratelli, in chi ha compassione e partecipa dei loro bisogni. Dovete uscire da voi stessi, dal vostro ego, guardando solo le vostre situazioni e pensare solo al vostro benestare. Dovete andare oltre, oltre di voi verso il prossimo e proiettati all’eternità.

Il tempo scandisce il suo ritmo e non ha pausa, ma voi potete arricchirlo, ammantarlo dei tesori della vostra fede, della vostra speranza e carità: ne formate la dote di nobiltà da portare al vostro Sposo Divino che vi guarda e vi attende. Meditate quanto sia triste un fiore ripiegato su di sé, mentre quanto sia delizioso un fiore che si apre a tutti i suoi petali e al suo profumo per mantenere e donarvi la sua bellezza. Così voi, anime mie, apritevi al mio amore e spandete il suo profumo di grazia a tutti.

Siete, anime mie, spose del vostro Signore Iddio, siete il suo respiro d’amore che vi ha infuso e dato vita, anime impregnate del Sangue di Cristo per darvi ogni salvezza e riverginizzazione, fecondate dall’azione dello Spirito Santo che ve ne dà santificazione. Voi appartenete al supremo Sposo, ma egli attende che diate il vostro consenso alle sue nozze, che gli stessi doni con cui vi ha permeato alla sua fusione ne diano figliolanza nelle opere da voi attuate. Non sapete con quale ardore, con quale passione il vostro Divin Sposo vi cingerà nel suo regno di amore.

Vi benedico.

 

     Chiedete la fede

13/11/2023

Gesù

Mia piccola Maria, Iddio vi incita continuamente a chiedere la fede. Chiedete la fede e dite: “Signore, accresci la mia fede”. La fede è una grazia, ma va ricercata, desiderata e invocata perché il Signore ve la doni, e va anche alimentata in lui per far sì che si evolva. Non si può mai dire di aver raggiunto il suo traguardo e il suo pieno possesso. Come l’amore di Dio sono in cammino e vanno a braccetto, dato che perennemente si maggiorano e tanto più si accrescono, quanto più Iddio vi compie i suoi prodigi, quanto maggiormente l’anima si fa fiduciosa e abbandonate in lui, ch’egli vi opera e compie offrendovi grazie e miracoli intorno a voi, sì da poter dire, come afferma il Vangelo: “Via questo gelso che si sradichi dalla terra, e vada a trapiantarsi nel mare”, e ciò accade.

Come poter acquisire la fede? Iddio può infonderla in voi se vi trova uno spirito aperto, disponibile, veritiero, non ostruito dal male, che non commetta scandalo, sempre come dice il Vangelo, lo scandalo del peccato che arreca quali ingiustizie e sofferenze nei fratelli, particolarmente più piccoli, i più fragili e influenzabili, sia con l’errato esempio, con il cattivo insegnamento, in ogni degrado di atti che comportano uno scandalo maggiore e più grave nella loro entità per la tenera età, per i più deboli e indifesi nella psiche, nelle condizioni di povertà, nelle infermità. Che siano anime che sappiano chiedere perdono a chi si è offeso, che sappiano riconoscere le proprie colpe e la sofferenza che si è provocato all’altro portandone riparazione.

Ugualmente avere la capacità di saper perdonare a chi ha voi offeso. Solo in questo stato di atteggiamento di conversione, di sincero pentimento, di una carità misericordiosa ed educativa che indica la via giusta, il retto percorso al prossimo, farsi guida verso Dio. In questo modo le vostre persone si fanno atte e pronte per recepire il dono della fede.

Siate umili e puri, abbandonati al volere del Santissimo Padre, siate giusti e corretti, misericordiosi e luce per illuminare i fratelli per la retta via, e il Signore Iddio vi ricoprirà del manto della sua fede in voi, ne farà sovrabbondare e ne userà per compiere grazie sulle vostre persone e portenti alle vostre preci, e, per le creature a cui chiedete, venia.

Vi benedico.

 

     Siamo servi inutili

14/11/2023

Gesù

Mia piccola Maria, dice il Vangelo: “Quando avrete fatto tutto quello che è stato ordinato, dite: «Siamo servi inutili, abbiamo fatto quanto dovevamo fare»”. Il padrone, che ha mandato il suo servo al lavoro nei campi o nel pascolo, al suo ritorno lo fa mangiare e riposare subito, ma prima lo pone al suo servizio personale. Poi egli potrà rifocillarsi: ha compiuto il suo dovere.

Ricordate: siamo servi inutili. Se questa frase fosse impressa a fuoco nel cuore dei cristiani, in chi dice di operare per Dio, ricorderebbe che il suo servizio non è per una sua utilità umana, ma per l’eternità. Siete servi del signore che debbono operare nel suo Nome per il suo puro amore.

Cosa fanno invece gli uomini? Quanti si pongono in opera nella sua vigna, ma ne attendono benefici, vantaggi e compensi, se non addirittura vi si adoperano per fare del male. Altri vi operano sì a fin di bene, i cui scopi sono autentici e meritevoli, ma ne attendono comunque la lode, la stima e il plauso per ciò che fanno, e se questo non perviene alla loro fatica si demoralizzano, si sfiduciano e abbandonano. Molti ancora, per la loro opera che è stato un lavoro arduo e faticoso, se non ricevono subito i frutti che essi attendono, si fanno persino contrari al cielo e ne rimproverano Dio per il mancato raccolto alla loro zione. Questi comportamenti rivelano il proprio ego, l’amor proprio che alberga nell’uomo, nel quale si fa persino possesso del compito che Dio gli ha dato grazia di compiere, dimenticandone che ne è solo il servitore.

Dato che l’uomo agisce e vive spesso sotto l’impulso del suo istinto, attaccato dalle tentazioni che fomenta il nemico continuamente, cosa ne può fare da scudo ad essi per vivere l’autentico e verace servo di Dio? L’umiltà. L’umiltà è lo scudo che non permette che i dardi dell’orgoglio e della vanità possano colpire la persona. Ci si ammanta di falsa umiltà, si pone il grembiule del servizio, ma poi si ambisce sempre alla corona, e non si ha cognizione che tutto ciò per cui si è fatto e si è stati già premiati sulla terra per le proprie buone opere si è già ricevuta la propria ricompensa, che spesso tale opera diviene puramente umana che si ferma al suo stadio naturale, ma non si innalza alla santità.

Il Padre Santissimo guarda il suo servo e seppure egli scalpella la medesima pietra senza riuscire a portare a compimento l’immagine, ma persiste sino alla fine per l’amore e la gloria da dare al Padre suo, Iddio ne farà del suo lavoro un’opera di santità per la fede e la perseveranza avuta, sì che egli stesso ne completerà e ne porterà a compimento la sua fattura. Se un suo figlio, a cui presenta la scala da salire verso il cielo, non riesce a superare il primo scalino ma si adopera fortemente a riuscirci, nonostante gli insuccessi, poiché spera ardentemente di raggiungerne la cima persistendo per l’intera vita a scalare quell’unico scalino, Iddio ne premierà la sua perseveranza, la sua costanza di un sacrificio non allietato dalla sua riuscita, ma non desistito per suo amore. Egli stesso lo verrà a prendere direttamente per condurlo alla vetta del suo regno.

Il Padre celeste guarda in misura dal cuore, all’intenzione, ma come poter avere tale umiltà? Pregate fervorosamente meditando la vita di Cristo che si è fatto l’ultimo degli uomini e servitore di tutti, non trattenendo niente a sé. Meditate la Santissima Madre che si è fatta l’umile ancella, dono nella sua maternità e parto di vita all’intera umanità. Meditate la vita dei santi che si sono fatti offerta per le anime, che hanno operato per il Vangelo e ne hanno ricevuto in ricambio perlopiù incomprensioni, sofferenze e persecuzioni, ma non hanno abbandonato poiché l’amore di Dio vibrava in essi.

Se vi fate evangelizzatori, operatori di carità in qualsiasi mansione e missione per Dio a sua gloria e per la salvezza dei fratelli, sia solo gratuitamente, così come il Padre vostro gratuitamente vi ha dato, avvolti e motivati dal suo amore, e se non avvedesse o provasse nemmeno la consolazione di tale sentimento, perseverate per la fede che aspira nella speranza della conquista del cielo e per il bene che potete apportare.

Siete su questa terra per seminare, per lavorare la terra di Dio senza nemmeno ricercarne di vederne i frutti: il raccolto è suo, è del Signore, ma a voi è stata data la grazia di lavorare per lui e operare nella carità. Forse a una sua opera data ne dovete fare solo una parte e l’altra verrà proseguita da altri, ma quella parte fatta da voi rimarrà sempre e sarà il vostro ornamento emerito nei cieli, ove la ricompensa di Dio è grande.

Vi benedico.

 

     Il ringraziamento

15/11/2023

Gesù

Mia piccola Maria, nel Vangelo di oggi dieci lebbrosi vengono a me per implorarmi la loro guarigione. Hanno sentito di me, della mia opera, dei miei miracoli, e presi da una certa fede nella mia potenza vengono a chiedere grazia alla loro sanità da ritrovare. Io non esaudisco subito la loro supplica: li invio prima dai sacerdoti per la loro purificazione. Viene messa alla prova la loro fede: non si può chiedere grazia a Dio se prima non si ottemperano i suoi comandi. È stata bastante però la loro fiducia alla mia parola, per l’obbedienza al mio comando, che già per la via vengono sanati. La lebbra scompare dai loro corpi e dinanzi alla loro guarigione ognuno di essi prende la sua strada e si avvia alle proprie cose. Soltanto uno ed anche straniero, torna riconoscente a dare il suo ringraziamento, che con cuore grato viene a darmi la sua testimonianza di lode. Ma gli altri nove perché non sono venuti?

Chi è che ha la sapienza di comprendere il valore del ringraziamento che si innalza all’Altissimo nella lode per i benefici ricevuti, chi vive della sua gratitudine?  Gli uomini vengono ogni giorno beneficiati dal Padre celeste, ma essi non se ne avvedono: ricevono doni umani e spirituali, ogni dì la sua provvidenza li soccorre. Voi, se potete ancora vivere in paesi ove sussiste la pace, è per un dono di Dio, usufruire delle varie possibilità di lavoro, di cura, di sostegno alla vostra esistenza, è per il Signore, diversamente da altri popoli che con grandi sacrifici e privazioni riescono ad avere ciò che a voi sembra tutto scontato. E se ne rimane indifferenti, finché tali beni non vengano sottratti. Allora, magari, se prima non c’era la gratitudine, un cuore che riconosce la bontà divina e ciò che possiede, ne scaturisce l’imprecazione e le accuse contro Dio per ciò che gli è stato tolto, beni che pensano siano propri e di loro diritto. Non comprendono che tutto nasce ed ha origine dal Creatore e che tutto a lui ritorna benedetto con la vostra adesione. Iddio sparge con abbondanza i suoi doni divini, ma quanti sono i figli dell’uomo che ne cantano la loro riconoscenza?

Molti all’ascolto dell’episodio dei dieci lebbrosi pensano fra di essi che al loro posto, non si sarebbero mai comportati da ingrati ed egoisti. Eppure dinanzi al dono sommo di ricevere Dio nell’Eucarestia, notate: quanti sono coloro che si soffermano in raccoglimento del ringraziamento? Quanti nel silenzio si uniscono a loro Signore con le loro preci, con ogni confidenze amore e si pongono cuore a cuore a darne la loro lode? Constatate la realtà, quale dispersione, chiacchiericcio, distrazione, quale superficialità nella Comunione: non ci si sofferma, sì che si possa riuscire a dire e fare qualche istante che è di programma, ma perlopiù non si sa che cosa dire. Tanta parola umana e così poco colloquio con Dio.

Quanto più ci si innalza della lode e in ogni inno di ringraziamento, quanto più si ha fede perché ancor prima di ogni richiesta data si crede fermamente che il Padre Santissimo opera e che ne viene concessa la grazia. Attende l’abbandono di fiducia che ne anticipa ogni riconoscenza: è lì che il Padre vostro già soccorre.

Voi direte: “E come mai, Signore, dopo tanto orare e dato lode per la guarigione da ricevere, essa non è stata concessa?” Iddio conosce bene i suoi figli da lui creati e sa che molti ottenendo guarigione alla loro malattia tornerebbero ai loro vizi e alla loro cattiva condotta perdendosi. Quante volte accaduto che, pur avendo ottenuto dei miracoli e delle grandi grazie, le persone invece, passato il primo entusiasmo e i buoni propositi, si siano voltati altrove allontanandosi da Dio, irriconoscendosi e dandosi a una vita dispersiva e peccaminosa. Rimanendo nella malattia, in questo stato di dolore che li santifica, si mantiene nel bisogno di ricorrere all’aiuto del Signore che dà a essi la sua salvezza.

Sono pochi quelli che ottenuto il miracolo si sono posti poi al servizio grati, immersi nella riconoscenza, ricambiando con un ringraziamento di servizio e di dono per il prossimo e per Dio. La lode e il ringraziamento fanno sì che il Padre celeste tragga da voi il meglio, la parte migliore che può evolversi della vostra anima, certi nella vostra fede che egli al vostro canto ne risponda già con la sua grazia. Cosa sarà in Cielo, se non un inno di tripudio al Santissimo Sovrano, una lode incessante alla sua gloria di cui i beati se ne trasfigurano.

Cantate il vostro Magnificat come la Madonna, e l’Eterno vi ricolmerà delle sue benedizioni.

Vi benedico.

 

     I talenti

18/11/2023

Gesù

Mia piccola Maria, non c’è creatura che venga al mondo senza i suoi talenti, non c’è nessuno che ne sia mancante. A tutti Iddio dona i suoi doni, anche a quelli che voi dichiarate e ritenete i più infelici e disgraziati, perché malati, perché vivranno poco, per coloro che nascono in famiglie problematiche o in situazioni di indigenza: anche in queste condizioni ogni figlio che nasce su questa terra porta il suo bagaglio di beni che serviranno alla loro sussistenza, all’adempimento della loro missione, allo svolgimento del loro compito. La stessa capacità di pensiero, le emozioni che si ha capacità di provare, il medesimo corpo che si possiede e che dà possibilità di vivere ed operare sono doni di Dio. Tutto ciò che dà estro, creatività, energia, intelligenza, ogni capacità hanno matrice in lui. Ogni potenza di creazione che apporta i suoi talenti alle creature hanno la sua derivazione. Ogni opera che l’uomo compie ha la sua materia prima nel vostro Signore, che ve la ha offerta nei mezzi che vi ha donato e di cui senza non potreste fare nulla.

Il Padre Santissimo attende però al suo tributo dato che venga incrementato, che venga sviluppato nella sua maggiorazione e ne venga portato altro bene, così come ricorda la parabola del Vangelo di oggi, cui il padrone dà ai suoi servi, partendo per un viaggio, i suoi talenti: a chi ne offre cinque, a chi due, a chi uno, ma tutti sono chiamati ad incrementarli, a portarne il loro guadagno. Cosa accade? Che chi ne ha avuti cinque ha prodotto altri cinque talenti al suo lavoro, chi due ne ha prodotti altri due, sì che il padrone al suo ritorno se ne è rallegrato e li ha fatti partecipi della sua gioia. È rimasto colui che, pur avendo un solo talento che poteva almeno raddoppiare, non aveva fatto nulla, non si era adoperato disperdendo ciò che ha ricevuto nel suo talento in una vita che si è fatta inutilità e spreco. Il padrone lo caccia fuori dalla sua casa: è un servo inutile, facendolo rinchiudere in prigione.

Gli uomini pensano di essere i detentori, i possessori esclusivi dei loro talenti e per la maggior parte di essi se ne accreditano a diritto il loro merito, dimenticando il loro fine e non operando mettendoli in funzione per la gloria di Dio. Tali doni, investiti solo per sé stessi, periranno alla terra. Altri commentano di non fare nulla di male e vivono una vita mediocre, apatica, edificata su di sé: seppelliscono i propri talenti non responsabilizzandosi, non ponendosi in opera, non arricchendo di ciò che pure essi hanno ricevuto il prossimo, non facendo niente di male, ma nemmeno niente di edificante nel bene. Come il servo della parabola vivono senza un senso e un obiettivo che li nobiliti e che li innalzi nello spirito e al Cielo.

Solo coloro che si adoperano, che lavorano in nome del Signore i talenti avuti, facendosi dono essi stessi, li evolvono spargendoli per ricoprirne di ogni bontà e salute i fratelli: questi si eleveranno per l’eternità.

Ecco Iddio dà a chi le praterie da lavorare, a chi dei piccoli poderi, a chi degli orti o dei giardini, e dà a essi ogni capacità e forza per renderli fecondi, per far sì che si incrementi il bestiame da allevare nelle grandi praterie, come nella coltivazione per il raccolto di frutti di ogni specie e nei piccoli orti e dei più svariati fiori nei giardini. E se le anime vi si adoperano, se ne rallegrano la terra e la vita delle persone, se ne cantano le lodi all’altissimo Signore, tali talenti vivranno con la creatura per l’eternità, ove a secondo dei talenti accresciuti, maggiorati per la loro azione, avranno potere di soccorrere e di operare ancora dal Cielo per il regno di Dio.

Figli miei, i giorni scorrono veloci e non hanno pausa e né ritorneranno. Siate sapienti impreziosendoli di ogni bontà, di carità e santità, poiché se Iddio tornando troverà che ne avete usufruito dei suoi talenti, ma solo per spogliarli, defraudarli, la pena sarà grande, diversamente da chi li abbia adoperati per darne valore di significato e bellezza spirituale: al suo sguardo egli ne arricchirà ulteriormente.

Siate simile a una pianta deposta nella terra, che ne ha disteso le sue radici e assorbito i suoi nutrimenti, si è alimentata della sua linfa, ma se non ne avete dato poi frutti tanto attesi, essa rimarrà sterile per sempre nel luogo oscuro di ogni sterilità. Solo chi porta il suo raccolto e i suoi talenti entra nell’Eden infinito.

Vi benedico.

 

     Passa il Signore

20/11/2023

Gesù

Mia piccola Maria, ecco passa Gesù il nazareno, passa il Signore. Io camminavo tra le strade di Israele per portare il mio messaggio e la mia liberazione, e il mio passo non si è fermato: ancora cammino nelle strade di questo mondo, cercando di portare a tutti il mio dono di grazia e di ogni benedizione. Vado ricolmo dei miei beni divini per portarne e ammantarne le creature.

Ancora il mio passo non ha posa, ma la moltitudine degli uomini non riesce più a vedermi né a scorgere il mio passaggio, poiché si sono fatti ciechi, non possiedono più la luce della fede, presi come sono dalle loro molteplici cose: corrono e si agitano e non hanno tempo e non si fermano alla mia venuta. Non riescono nemmeno a sentire la mia voce che li chiama, differentemente dal cieco Bartimeo del Vangelo che, se pur spenta la luce dei suoi occhi, ha saputo scorgermi, ha avvertito la mia presenza dato che il suo cuore viveva della luce e della ricerca di Dio e del suo soccorso. Preso da così grande entusiasmo nella sua foga di desiderio, egli grida a me, riconoscendosi di essere un povero peccatore: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me che sono un peccatore”. Non teme il giudizio umano, non ha remore di imbarazzo al suo grido insistente tra la folla, e dinanzi a tanta fede manifestata le tenebre si squarciano per riacquistare il dono della luce della vista al radiore del giorno.

Cosa può squarciare la cecità degli uomini in modo che possano scorgere il mio passaggio? Nel riconoscere il proprio stato di peccato che ha bisogno di ricorso al mio aiuto e alla mia salvezza. Riconoscere la propria colpa e già una consapevolezza che pone la persona in umiltà, in condizione di ricercare la propria liberazione, ed è in questo modo che è già in atto la propria guarigione a una luce vera da ritrovare.

Ma se si chiede alla massa delle genti se siano peccatori, essi non lo riconoscono. Anzi, a tale domanda se ne meravigliano scandalizzati: si ritengono giusti o a diritto dei propri errori giustificandosi. Altri ancora, se invece ne sono coscienti del loro cattivo agire, dello stato di male, vogliono rimanere tali e rifiutano l’incontro al mio passaggio a al mio richiamo, poiché non vogliono né me e né ciò che rappresento nel bene, nella verità e nella giustizia, né il cambiamento alla conversione che richiedo, sì che i miei doni, tanti privilegi di santità che scenderebbero su di loro, rimangono a me ed essi restano nella loro prigionia.

Riconoscere il peccato fatto richiede poi il ricorso alla Santa Confessione, dato che non si può chiedere grazia a Dio se non ci si libera prima dai propri errori. Nel Sacramento della Riconciliazione il mio Sangue spezza i vincoli con le colpe, lava e ne libera le menti e il cuore, l’anima torna al suo chiarore irradiando le persone che si fanno vedenti nello spirito. Dovrebbero esserci le file nelle chiese, i confessionali pieni, data l’urgenza del peccato e del male con cui vivono gli uomini. Se ne usufruissero le masse dei demoni sarebbero cacciate precipitando nelle loro tenebre agli oscuri inferi eterni, lasciando così libere le creature.

Ecco Io passo, passo nei confessionali per dare nuova grazia e dignità all’anima che si risana, passo nell’Eucaristia per darvi nutrimento della sua sostanza divina, passo nella Santa Parola per dare insegnamento alla vostra coscienza e indirizzo di vita. Io passo, passo anche quando giunge la malattia e la prova che si fa grazia di salvezza per la vostra anima e redenzione per molte altre. Iddio passa: fermatevi a guardarlo ed ascoltarlo. Alla sua luce che si trasfonde alla sua presenza, al suono della sua voce vi trasfigura della sua santità. Allora vedrete con i suoi occhi, parlerete con la sua bocca, scenderà su di voi le sue benedizioni e non sarete più ciechi, ma vedenti di Dio.

Vi benedico.

 

     L’amore nello spirito supera i vincoli di sangue

22/11/2023

Gesù

Mia piccola Maria, durante la mia predicazione mentre svolgevo la mia missione nel dare insegnamento alla folla vengono a me per riferirmi che mia Madre e i miei parenti sono venuti a trovarmi, che vogliono incontrarmi. Essi pensano che avrei lasciato il mio compito nell’annuncio per andare prima a dare il saluto i miei familiari, ma Io affermo la priorità dell’opera divina nel dire: “Chi sono mia madre e i miei fratelli? Tutti coloro che fanno la volontà del Padre mio sono per me madre e sorelle e fratelli”.

Non che Io non amassi la Madre mia, che è sempre qui accanto a me, e come anche coloro che mi sono stati vicini e con i quali sono cresciuto nella mia infanzia e nella mia vita giovanile, ma perché sono venuto per espandere il mio amore a tutti, a dilatare le mie braccia e il mio cuore all’intera famiglia di Dio. Non mi restringo a pochi seppure eletti, come la Madre mia, nella santità, ma mi espando per portare il mio messaggio di salvezza e la mia azione redentrice per tutti i figli del Padre mio e miei fratelli.

Lo dico anche per voi, per insegnarvi e darvi esempio, a voi così legati ai vostri legami di sangue che predominano su tutti gli altri affetti, che prendete cura e tutela dei vostri familiari, ma vi fate distanti ed estranei del prossimo, che vi adoperate in ogni aiuto e disposizione di soccorso a chi vi è caro, o perché parente o amico, e non avete che sentimenti di indifferenza, se non a volte di disprezzo e chiusura per il prossimo.

Io vi chiamo ad elevarvi, a superare ciò che è solo carnale anche nei rapporti umani per fondervi e unirvi allo spirito: l’unione dello spirito supera l’unione della carne, perché cosa sarà il paradiso, se non l’unità di amore di un’unica famiglia in Dio. In cielo sì vi riconoscerete per gli affetti, le unioni familiari vissute, quelle amicali partecipate sulla terra, ma tali amori non si restringeranno a sé, non saranno chiusi come ora li vivete, ma si espanderanno in un orizzonte infinito di amore condiviso, per cui l’altro è realmente parte di voi stessi e l’amate.

Guardate, siete tutti creati dallo stesso Padre creatore, avete lo stesso corpo con le medesime funzioni. Siete diversi nell’aspetto, ma vivete una vita umana simile sulla stessa terra e che per tutti ha la sua scadenza. Siete riscattati e fusi dal mio di Sangue, che vi ha redenti rinnovati a nuova e unica figliolanza. Lo Spirito Santo sempre lavora per donare a tutti la santità con lo stesso unico obiettivo di farvi condurre all’eternità. Nell’amore partecipato, in chi vive di una fede autentica, di un amore fervente con Dio, esce dai propri schemi e chiusure per dilatarsi e amare tutti.

Oggi, che ricordate la presentazione di Maria al tempio, cosa ne è stato di lei che nella sua più tenera età ha lasciato la sua casa, i suoi genitori, le persone care che l’avevano avuta accanto per lasciare il umano rapporto e donarsi completamente a Dio, distaccandosene anche dal più tenero amore materno per farsi pura offerta nella sua rinuncia a un amore più grande, per farsi dono per la salvezza degli uomini. Tutto in Maria sarà vissuto con distacco: amerà senza preclusioni, con passione, ma senza sentirne il possesso. Ogni gesto, ogni parola, ogni vicenda e incontro sarà solo manifestazione di un amore gratuito per la gloria di Dio e per il riscatto delle creature.

Anche dinanzi a me la Madonna vivrà la sua maternità come un dono sublime da servire e adorare, ma che non protende a sé, ma donato per la salvezza e il bene di tutti, pronta, pur con il cuore lacerato, a farsi privazione di ogni lecita consolazione al mio di amore per dare in offerta tale oblazione al cuore delle anime, perché si formino ad unità con Dio. Lei si è fatta, con me, madre e sorella dell’umanità. Il suo amore per me maggiorava l’amore per le creature, era il trampolino di lancio che si proiettava di infiniti orizzonti, ciò che dovrebbe essere vissuto anche in voi per ogni affetto, lo sprono che non chiude, non recinge a sé, ma spalanca e arde per tutti.

Chiedete alla Madre Santissima che vi alimenti di questo amore che è santo, puro, vero, e si fa immortale. Amando di cuore sincero il prossimo voi adempite già a tutti i comandamenti perché non nuocerete all’altro, dato che lo amate.

Vi benedico.

 

     Il pianto del Signore

23/11/2023

Gesù

Mia piccola Maria, il Signore piange nel Vangelo di stasera. Io piango, osservando Gerusalemme e la sua prossima distruzione. Essa non ha riconosciuto il Signore che è venuto a visitarla. Affermando di essere l’eredità del volere divino, della sua eletta figliolanza, intanto però mi perseguita, anzi, mi porranno in croce. Gerusalemme nei suoi maestri e dottori della legge, nelle genti che li seguono, affermano, da prediletti di Dio, di adempiere i suoi dettami, di esser degni discendenti e figli della sua Santa Parola, di ottemperare per la gloria del Padre Santissimo, ma intanto si è prostituita alla sua di fede, composta di una miscela di tradizioni e schemi umani, di precetti e ordinamenti puramente di uomo, abbandonando così la verità: ricerca la propria gloria, per cui non rivestita dell’autentica luce divina si è fatta cieca, quella cecità che la condurrà alla sua devastazione, differentemente da Mattatia, di cui parla la prima lettura, dinanzi alle lusinghe e alle minacce del re che ordina al popolo di lasciare le antiche leggi di Dio per prostrarsi a “dei” pagani ed offrire in sacrificio ad essi. Il re addirittura invita lui, l’uomo prestigioso nella città, con i suoi figli e fratelli a porsi sottoposto al suo volere per essere di esempio dinanzi alla popolazione.

Mattatia, con la sua famiglia, rifiuta ogni compromesso, non si fa corrompere dinanzi anche a riceverne in cambio ricchezze e onore per seguire i dettami falsi del re. Egli abbandona i suoi averi, la sua casa, lascia la città per ritirarsi tra i monti. Nonostante la quasi totalità si pieghi alla volontà idolatria del monarca egli, elogiamente, rimane fedele a Dio.

Ecco, Io piango, e il mio pianto si fa dirompente con il suo singhiozzo poiché vedo la distruzione degli uomini, la morte nella quale vivono le loro anime che abusano nel male, fattisi ormai ciechi, si dà persistere e non comprendere che già stanno pagando per le colpe che commetto.

Io sono venuto a porgere la mano, ma gli uomini la rifiutano. Io sono venuto a portare la pace, ma essi vogliono le guerre. Io invoco la misericordia, ma inneggiano violenza. Io richiamo alla purezza, ma vogliono ogni promiscuità e lussuria, ogni genere di perversione. Educo alla rettitudine, ma continuano a perpetuare corruzione e ingiustizie.

Cosa potrò fare per questo umanità? Come a Gerusalemme Io dico: “Se aveste compreso quello che porta la pace, ma ora è stato nascosta ai vostri occhi”. Ciò accade perché i cuori si sono fatti duri, le coscienze inquinate, non si ricerca più la luce, si diniega e ci si ribella alla Santissima Volontà del Padre. I peccati, le colpe di cui si è colpevoli ricadono su chi li ha commessi. Il male compiuto ricade sui capi di chi l’ha perpetuato a propria devastazione. Ognuno paga ciò di cui ha compiuto e ne subisce le conseguenze.

Il mio pianto è accorato per voi. Vedo perdervi, ma se ne rimane indifferenti, senza avvedervi al precipizio cui vi indirizzate. Richiamo quindi i miei piccoli figli, le anime ancora a me fedeli che come Mattatia non mi hanno rinnegato e mi amano. Venite a me, fatevi presso di me e asciugate le mie lacrime, siate i consolatori del mio Cuore lacerato. Per i pochi che ancora mi danno amore, che seguono il mio Vangelo, pur pochi, Io ne faccio il lievito che fermenta tutta la materia, la cellula che ricostruisce l’intero organismo, le mura dell’edificazione della Nuova Gerusalemme tornata a me, ove Io risiederò e vi porrò il mio trono.

Vi benedico.

 

     La regalità del Signore

25/11/2023

Gesù

Mia piccola Maria, in questa celebrazione vespertina già celebrate la mia divina regalità. Io sono Re, Re divino ed universale. Anche dinanzi a Pilato che mi chiese se Io fossi re, Io gli risposi: “Tu lo dici”. Io sono Re, ma la mia regalità non è di questo mondo. Essa vive nell’eternità. Oggi voi siete in cammino per conoscerla, assimilarla e viverla per poter giungere alla sua pienezza nel mio regno.

Su questa terra i re umani vengono ammirati, adulati e invidiati per loro stato regale che li pone al di sopra degli altri uomini, che nella loro lusinga vorrebbero viverne il riflesso della loro gloria per potersi rivestire dei loro vantaggi. Questo accade anche in quei paesi ove seppur non sussiste la monarchia, ma dove spesso i governanti ne vivono una condizione di privilegio, facendosi però despoti e dominatori, possessori del popolo e dello Stato, di fatto dei monarca di oppressione che esigono solo di essere serviti. La mia regalità invece è una regalità d’amore che santifica, che non è venuta ad asservire gli uomini ma a servirli.

Io sono Re, sono Re nella mia potenza creatrice che nei suoi elementi vive del suo potere di dare vita ad ogni cosa creata e ne dà sussistenza in un modo perpetuo. Tutto in me vive. Sono Re nella mia redenzione, mi sono posto su un trono sulla croce per patire un parto di dolore immane che nel mio Sangue offerto via ha ricreato a una nuova vita superiore, vincendo ogni morte. Sono Re nello spirito che vi infonde la santità innestando nella creazione data la mia redenzione: vi amalgama, vi permea dello Spirito Santo facendosene collante per dare a tutti liberazione, salvezza e santificazione.

La mia regalità vive nel seggio del vostro cuore, ove coloro che vogliono seguirmi partecipano del mio insegnamento, amano e imparano da me a vivere un amore che prorompe e non può essere trattenuto a sé, ma si riversa sui fratelli. Quell’amore che si protende e di cui Io descrivo nel Vangelo, che si fa cura, accudimento dell’altro, nello sfamare chi ha fame, nell’abbeverare chi ha sete, nel vestire chi è ignudo, nel soccorrere il povero o chi ha bisogno di essere visitato perché in carcere o custodito in chi è malato, la carità che si effonde ove sussista il pianto e il bisogno del fratello. Chi ama accorre e si prodiga.

La carità offerta però nella fame, nella sete, nella nudità ed altro, si eleva e si riversa nel suo richiamo anche nello spirito, in chi agonizza nell’amore, che è solo, sconfortato, che non ha il cibo di Dio, né la sua acqua, né il suo rivestimento, né la sua cura e il suo soccorso, nel soccorrere i bisogni dell’anima in un amore che si fa ancora più elevato e vi innalza al cielo poiché non riconosciuto, spesso non visibile, e ancor più nobile in quanto non se ne constata l’effetto.

L’amore ha le sue sfaccettature e dimensioni che non si contrappongono, ma le une vanno accompagnate alle altre, e a secondo della missione, del compito dato, siete chiamati a donarle ottemperandole. Chi si fa mio eleva il suo cuore a me, ne riceve l’amore e amandomi egli porta in sé il timbro della mia sostanza d’amore, sì che quando giungerà a me, sia nel giudizio personale come in quello universale, Io lo riconoscerò, farà parte di me ed entrerà nel mio regno.

Chi invece mi ha disconosciuto, non ha voluto amarmi e non ha amato, non porta questo timbro di riconoscimento, non possiede la mia sostanza di appartenenza: mi si è fatto estraneo e non può che essere cacciato.

La mia regalità vive dell’amore e l’amore si fa attrattivo quanto più si protende nel suo anelito, nel suo desiderio al cielo, quanto più come una calamita i poli dello Spirito e quello umano si attraggono per farsi un’unica cosa, un’unica realtà che ama. Iddio trasfigura la sua regalità in chi ama e ne trasfonde il riflesso delle sue potenzialità: ne acquisite gli attributi e già da questa terra ne potete essere permeati e diffonderne i tesori a tutte le creature. Ne sono testimoni i santi.

Amate, figli. Amando voi glorificate la mia regalità per non essere sudditi, ma figli di Re.

Vi benedico.

 

     L’offerta

27/11/2023

Gesù

Mia piccola Maria, ogni tempo ha la sua prova, ma se si è con Dio ogni tempo che scorre ne porta la sua risoluzione e si risana.

Ecco nel Vangelo di stasera una povera vedova, proprio misera nei suoi averi, all’offerta del tempio dona tutto ciò che ha: solo due monetine. Umanamente aveva dato meno di tutti gli altri, ma nel suo dono, nel quale si era privata di ogni cosa da non avere di che vivere e nutrirsi per il giorno dopo, ella si è abbandonata a una fede totale a Dio sì che la sua offerta si è fatta più preziosa e santa di tutti. Gli altri avevano dati il superfluo e le rimanenze dei loro beni: ella aveva dato tutto. Il Padre celeste ha gradito l’offerta e la ha maggiorata per i secoli senza fine.

Figli, tutti siete chiamati a donare, a fare la vostra di offerta. Voi che spesso invece non fate che recriminare le vostre mancanze e chiedete perlopiù ciò che voi volete, che si fa spesso contrario alla volontà del Padre, ma voi, pensate, voi cosa date? Forse che Iddio voglia da voi opere somme, grandiosi atti di imponenza e di ricchezza? Chissà quali straordinarie edificazioni a suo nome? Iddio vuole il vostro cuore, vuole l’offerta di voi stessi.

Si possono sì anche costruire costruzioni e dedicazione offerte a lui, ma che siano sempre espressione dell’amore con il quale lo fate. Sappiate comunque che quanto più la creatura non ha chissà quali possibilità, ma quel poco che possiede lo offre a Dio con lo slancio di una sincera dedizione e dono, tale oblazione supera le altre. Essa si fa preziosa, nobile ed eterna. Diranno: “Signore, ma cosa possiamo dare?”. Tutti hanno qualcosa, tutti Iddio ha beneficiato nei suoi beni, ma attende un cuore generoso che nell’amore a lui glielo rioffra: tale offerta si fa santa.

Sia la vostra l’offerta nel tempo che vivete della gioia, come quella del dolore con le sue sofferenze, il tempo che potete dare nel soccorso con la vostra carità ai più poveri e bisognosi, la vostra partecipazione di cura ai malati, il conforto agli afflitti. Offrite la vostra comunione con Dio per offrire a lui la vostra consolazione, la vostra dedizione, il vostro amore che si protende al Cielo per riparare tante ingratitudini e offese che il Padre Santissimo riceve dagli uomini. Potete offrire il dono della vostra persona, del vostro operato, della vostra vita in riparazione al peccato che si commette per la salvezza delle anime.

Ricordate, all’apparizione dell’angelo del Portogallo egli esortò i bimbi di Fatima chiedendo loro: “Consolate il vostro Dio!”. Anche il Santissimo Sovrano a cui tutto è bastante attende il vostro amore riparatore che consola il suo Cuore che è così offeso. Tale amore si fa simile a un unguento che risana le ferite inferte. L’amore richiama l’amore, si nutre di esso e si maggiora evolvendosi su tutti.

Nella vostra offerta partecipata di cuore voi lo amate. È come un incenso che si innalza per portarne il suo tripudio di lode che si unisce alla sua gloria, e ne fate discendere le piogge delle sue grazie.

Ahimè, la maggior parte dell’umanità trattiene a sé i beni ricevuti da Dio, se ne impossessa e non ne fa dono, non comprendendo che il bene trattenuto a sé muore, decade. Solo ciò che viene offerto nel proprio servizio per la gloria divina rimane e vive maggiorandosi in eterno. Date la primizia al vostro Padre celeste, ciò che vibra in voi e vi è più caro. Mentre voi che cosa date, se poi date? Gli scarti, le rimanenze, ciò che non è importante. Il vostro stesso comportamento con il prossimo lo esprime. Chi invitate ai vostri pranzi? Chi può ricambiare e darvi gratificazione, e non chi è indigente, chi è nella necessità e non può darvi ricambio. Cosa date ai poveri dei vostri abiti? Ciò che non mettete, del vecchio e super usato. A chi date i vostri ori più preziosi? Vengono riposti nei vostri cassetti per decenni, mentre potrebbero offrire cure e medicinali a chi non può.

Come mai accade questo? Perché non si ha sapienza, non si comprende, dato che non è entrata ancora la luce della fede che si esprime nella carità e si fa pieno dono. Come assimilare tale luce, se non nella preghiera fervente e vivendo un’intensa unione con Dio?

Oggi, che ricordate la Madonna della medaglia miracolosa, ella è venuta puntuale al suo appuntamento, ricolma di tesori spirituali, di grazie e provvidenze, di ogni salute e prosperità. Molti cristiani la hanno invocata, ma pochi, in considerazione del numero della moltitudine, sì che i doni della Madre Santissima sono rimasti con tristezza a lei che voleva ricolmarne i figli. Tali invocazioni di preghiera, fatte con animo sincero, con fede fervente, fanno discendere la scienza del dono: si riceve sì, ma per saper dare. Ella vi arricchisce perché voi ne arricchiate. Tutto vi viene dal cielo e tutto deve tornare ad esso, benedetto dalla  vostra offerta.

Figli, siate umili nel chiedere e generosi nel dare. Iddio, che è munifico, ampia ciò che avete offerto nella sua benedizione su tutte le creature.

Vi benedico.

 

     La persecuzione

29/11/2023

Gesù

Mia piccola Maria, nel Vangelo di stasera do rivelazione ai miei discepoli della loro missione. Missione che verrà perseguitata: riceveranno discriminazioni, rifiuti, ingiustizie dal mondo, vessazioni dal demonio, tradimento dalle stesse persone a loro vicino, ogni incomprensione e lo stesso martirio. Nel corso della storia tutti coloro che autenticamente si sono fatti miei seguaci, a causa del mio Nome hanno subito ogni genere di dolore e tribolazioni. Quanti martiri che, a testimonianza della fede, hanno versato il loro sangue. Forse che tutto questo è stata una perdita, un fallimento? No, vi dico, ma una vittoria. Tanta sofferenza e tanto sangue dato sono stati rigeneratori di vita, a immagine del loro maestro e salvatore la cui morte si è fatta risurrezione. Come una madre che dà il suo sangue per il parto della sua creatura, così i miei cristiani perseguitati si sono fatti perpetuatori di nuova nascita per le anime e la Chiesa, sì che voi del loro sacrificio ne usufruite il loro beneficio e la grazia.

La persecuzione prosegue anche ai vostri giorni, in paesi a voi distanti: quanti dolori, quante oppressioni, soprattutto in stati dominatori e pagani che non vogliono che la luce di verità del cristianesimo si espanda e possa così detronizzare il loro potere iniquo. Viene vietata la libera espressione della fede, non permessi i sacri misteri, e a quante rinunce ed abusi certi popoli debbono subire. Forse che anche da voi non sussista la persecuzione? Oh, avete ancora la grazia di poter liberamente professare il vostro credo e andare alle funzioni, ricevere i Sacramenti, essere liberi di poter dire di essere cristiani, ma in modo più subdolo e oscuro sussiste la derisione e il disprezzo, una persecuzione sottile sia nei posti di lavoro nel quale si viene emarginati, ma particolarmente nelle famiglie.

La persecuzione si farà ancora più grave, poiché i cristiani si fanno sempre meno presenti nella loro testimonianza, pregano sempre meno, si fanno sempre più deboli e minori nel numero, e la muraglia delle vostre nazioni cristiane, il cui baluardo della fede nello spirito tratteneva ogni intrusione, ogni attacco, si fa sempre più blanda in lacera e il demonio, che è sempre lui che fomenta l’oppressione, è già entrato. Egli, mio nemico, attacca i miei per colpire me e per arrestare il mio regno d’amore che gli è contrario e ne limita il suo che è malvagio.

Giungeranno i tempi in cui la condanna si farà palese per i miei seguaci. Molti daranno la vita, ma ancora tali dolori e tanto sangue saranno riscatto che lava il peccato e rinascita per l’umanità e la Chiesa. Non temete, figli, ancora sarà vittoria, non una perdita né un fallimento, poiché coloro che saranno martiri nel mio nome vengono già preparati per esso, ne ricevono la grazia di ogni fortezza e le porte del Cielo si spalancheranno subito per essi, ricevendo l’aureola che li cingerà ad eroi del cielo. Degli altri, seppur tra dolori e duri sacrifici, Iddio che è Padre a coloro che gli saranno rimasti fedeli li ricoprirà della sua santa protezione e ne riformerà il suo popolo santo. Chi si salverà? Chi sarà stato perseverante fino alla fine, fiducioso in colui che non abbandona, che tempra la fede nel fuoco, ma è vicino, sostiene e salva.

Cosa sarà di coloro che sono stati i persecutori, coloro che sono stati gli artefici di tanta violenza? Essi ne subiranno le conseguenze. Chi compie il male, se non si riscatta, lo subisce e lo riceve poi su di sé. Lo espone bene la prima lettura, quando il re Baldassarre, che aveva bevuto e banchettato con i sacri calici rubati nel tempio di Israele brindando a dei pagani e deridendo il Santissimo Signore, al suo tempo maturo ne subisce la condanna che Daniele stesso gli profetizza: è stato trovato colpevole, viene condannato e il suo regno spaccato.

Ugualmente per voi, figli miei. Troverete presenti gli aguzzini che vi hanno tormentato, ritenendosi intoccabili non solo dinanzi alla gloria di Dio, ma anche alla vostra. Essi diverranno come cenere al vostro sguardo, comprendendo di aver loro fallito ogni cosa, di aver perduto tutto, di essere stati degli stolti, sì che voi ne andrete alle bellezze di ogni delizia ed essi al buio eterno.

Vi benedico.

 

     Siate portatori del lieto annuncio

30/11/2023

Gesù

Mia piccola Maria, come sono belli i passi di coloro che portano il lieto annuncio, dice San Paolo stasera, i passi che vanno nel mondo per diffondere la voce di Dio e la sua Santa Parola, ma anche di quelli che vanno per compiere atti di amore e di ogni bene, espressione sempre del mio insegnamento. Passi che vanno, che sanno andare, poiché già qualcuno è andato prima a portare ad essi la lieta novella. Al santo messaggio ricevuto siete chiamati poi anche voi a farvene annunciatori.

Oggi, che ricordate Sant’Andrea apostolo, egli al mio incontro, al mio invito in cui richiamo lui e Pietro: “Venite dietro a me”, essi lasciarono subito le reti della pesca, la casa paterna, ogni proprio interesse per venire alla mia sequela, si abbandonarono fiduciosi a me seguendomi. Andrea percorrerà le mie orme e poi porterà i suoi passi in altre terre per evangelizzare, per portare il lieto annuncio sino a morirne martire.

“Venite dietro a me” è esortazione di tutti. Io chiamo tutti a seguirmi, dato che la mia strada è via di verità, di giustizia e carità. Solo percorrendola dietro di me, che ve ne traccio il cammino e vi indico la via da percorrere per voi, secondo la vostra missione, voi stessi poi vi fate portatori di tale messaggio. Ma come porvi al mio seguito all’ascolto della mia parola, se non come Andrea e gli altri apostoli, se non lasciando tutto senza caricarvi di fardelli, di zavorre nei vostri legami che vi impedirebbero il cammino, o almeno renderebbe pesante l’andare, rallentando il suo proseguo? Solo liberi, leggeri, voi prendete spediti la via per potervi ricolmare dei miei dettami e farvene poi portavoce.

Mi direte: “Signore, ma noi non siamo né sacerdoti, né missionari, né consacrati per intraprendere tale viaggio. Viviamo nel mondo, abbiamo famiglia: come potremmo seguirti per farci tuoi messaggeri? Ma siete figli, figli dello stesso Padre Santissimo che vuole che, pur non lasciando quello che per i consacrati è una chiamata più drastica, più severa nel loro abbandono dal mondo, siate però distaccati dall’idolatria del vostro cuore, che lasciate tanti attaccamenti agli idoli e le vanità di ogni superfluo per farvi fiduciosi e amanti dell’unico vero amore nel vostro Signore. E con l’animo aperto e libero vi fate autenticamente disponibili a percorrere con me, pur nei vostri ambiti umani, sociali, lavorativi, familiari, facendovi parola incarnata che si fa passo verso gli altri, dato che la Santa Parola è per tutti i figli dell’uomo.

Ognuno si santifica e si può fare santo lasciando che Iddio conquisti la sua anima, e conquistata la sua al suo seguito si farà come Sant’Andrea, come gli altri apostoli, anch’egli pescatore a sua volta di anime. Forse non andrà in terre lontane, non morirà martire, ma il suo passo recherà il lieto annuncio, poiché il cammino porterà la sua voce di verità ovunque operi, i suoi atti di carità protenderanno nel bene profuso ovunque vada, la sua strada sarà via di ogni giustizia ovunque si trovi.

Siete figli del Padre vostro e i figli imparano a venire dietro i genitori, imparano da essi a camminare per andare poi nel mondo. Solo quando le loro gambe si fanno forti e agili, solo quando il loro passo si fa certo potranno poi portare gli insegnamenti ricevuti nel bene, ma se dovessero abbandonare la strada del cammino che gli è stata tracciata si disperderanno. Ugualmente per chi dovesse lasciare la strada del mio di cammini, si ritroverà in percorsi errati e cattivi, e si farà a sua volta portatore di cattivi annunci.

Venite sempre dietro a me, e vi condurrò diretti verso la casa del Padre mio.

Vi benedico.