Il primo breve saggio di questa trilogia intende proporre al lettore motivi di riflessione sul grado di credibilità di alcune teorie adottate dalla scienza moderna.
1. Teoria
elastica e teoria cinetica dei gas, tutto vero Festività
della Divina Misericordia, 3 aprile 2016 In
acustica il modello della propagazione delle onde sonore in un gas
prevede nuclei atomici collegati tra loro. Tali collegamenti debbono
essere elastici, in grado dunque di trasmettere movimenti oscillatori
che percepiamo come onde di pressione sonore. La teoria
cinetica dei gas accreditata in termodinamica prevede invece nuclei
atomici “elastici” liberi di muoversi nello spazio vuoto e continuamente
in collisione tra di loro. La pressione che percepiamo è conseguenza
degli urti sulle superfici. Le onde sonore secondo questo modello non
sono in grado di propagarsi
Incongruentemente la
scienza accredita la teoria cinetica come quella valida. Il modello
dei gas previsto da Newton era molto simile a quello utilizzato in
acustica, in cui un gas in statica è composto da nuclei “fissi”
attorniati da una nuvola termica elastica in grado di trasmettere le
vibrazioni e le onde di pressione, come fosse una molla tridimensionale. Lo studio
della dinamica dei gas si basa sul modello cinetico, ma per spiegare il
limite della velocità del suono per un fluido in espansione libera è
obbligato ad introdurre la formula di Newton basata sulla sua teoria
elastica.
Incongruentemente la
scienza ignora di menzionare da dove deriva tale formula che contraddice
la teoria cinetica. Durante
una espansione lineare in determinate condizioni iniziali un gas si
riscalda. Il secondo
principio della termodinamica, o di irreversibilità, afferma invece che
è impossibile che il calore passi naturalmente da un corpo freddo ad uno
caldo.
Incongruentemente la
scienza si “dimentica” spesso di esplicitare chiaramente che tale
principio vale solo per gas perfetti, ovvero per trasformazioni in cui
non entrano in gioco ad esempio energie chimiche o nucleari, dimentica
della realtà delle cose.
Conclusioni Un gas di
neutroni può venire descritto perfettamente dalla teoria cinetica. Un gas
usuale
tende a comportarsi invece in
modo duale:
La scienza
moderna la ha voluta fare troppo facile ed ha perso il senso delle cose. Purtroppo
il baco è entrato nella “mela”, ovvero nel
pensiero dei fisici moderni. Spero
ancora di trovarne uno che abbia preso il veleno… e con cui iniziare a
discutere sul mistero di come si formano vortici, tornado od uragani che
dir si voglia.
2. Etere o non
etere, questo è il dilemma Annunciazione del
Signore,
4 aprile 2016 Tre
spiegazioni sono possibili per spigare il risultato dell’esperimento di
Michelson e Morley in merito alla misurazione della velocità della luce
e all’esistenza dell’etere:
Einstein
nel 1905 accetta la terza soluzione che va considerata come prova
dell’isotropia dello spazio per tutti gli osservatori. La spiegazione di
tale risultato secondo Einstein è che non vi è alcun etere; o meglio,
non è necessario ipotizzarne l’esistenza. La conclusione, che la
velocità della luce è indipendente dal moto della sorgente e
dell’osservatore, fu l’ipotesi da cui partì Einstein per sviluppare la
teoria della relatività ristretta. Schiverà
invece lo stesso Einstein alcuni anni dopo «Sarebbe
stato più corretto se nelle mie prime pubblicazioni mi fossi limitato a
sottolineare l’impossibilità di misurare la velocità dell’etere, invece
di sostenere soprattutto la sua non esistenza. Ora comprendo che con la
parola etere non si intende nient’altro che la necessità di
rappresentare lo spazio come portatore di proprietà fisiche.» (Albert
Einstein, da una lettera a A. H. Lorentz, 1919 [1]) Negare
altrimenti l’etere condurrebbe, secondo Einstein, a «supporre che lo
spazio vuoto non possieda alcuna proprietà fisica, il che è in
disaccordo con le esperienze fondamentali della meccanica». «Anche se
nel 1905 pensavo che in fisica non si potesse assolutamente parlare di
etere, questo giudizio era troppo radicale, come possiamo vedere con le
prossime considerazioni della relatività generale. È quindi permesso
assumere un mezzo colmante nello spazio se ci si riferisce al campo
elettromagnetico e quindi anche alla materia. Non è permesso tuttavia
attribuire a questo mezzo uno stato di movimento in ogni punto in
analogia con la materia ponderabile. Questo etere non può essere
concepito come consistente di particelle.» (Albert Einstein,
Grundgedanken und Methoden der Relativitätstheorie in ihrer Entwicklung
dargestellt, § 13, 1920)
Incongruentemente la
scienza si è poi “dimenticata” che l’assunzione che la velocità della
luce sia la medesima in tutte le direzioni era legata all’inesistenza
dell’etere. Non si può certo dire sia stata propriamente una pensata
geniale…
Conclusioni Non
restano che due opzioni:
Io opto
per la contrazione delle lunghezze
secondo la teoria di George Francis FitzGerald. E voi?
3. L’effetto
fotoelettrico, chimera che valeva un Nobel? Santa Gemma Galgani, 11 aprile 2016 Attorno al
1700 si erano contrapposte due diverse teorie sulla natura fisica della
luce. Secondo la
teoria corpuscolare formulata da Isaac Newton, la luce veniva vista come
composta da piccole particelle di materia (corpuscoli) emesse in tutte
le direzioni. Secondo la
teoria ondulatoria
formulata da
Christiaan Huygens, la luce veniva vista come un’onda che si propaga,
analogamente alle onde del mare o a quelle acustiche, in un mezzo,
chiamato etere. L’etere si supponeva pervadere tutto l’universo ed
essere formato da microscopiche particelle elastiche. Nel 1901
Max Planck rese nota la sua teoria quantistica, secondo la quale gli
atomi assorbono ed emettono radiazioni in modo discontinuo, per
quanti di energia, cioè quantità di energia finite e discrete. Nel 1905
Albert Einstein riprese il modello corpuscolare, sostenendo che anche la
radiazione luminosa è composta da granuli, “quanti di energia”, poi
denominati fotoni. La teoria di
Einstein sembrava convincente ma non poteva essere considerata
un’alternativa alla teoria ondulatoria e così iniziò a farsi strada
l’idea che la luce potesse mostrare entrambi i comportamenti, sia quello
ondulatorio che quello corpuscolare.
Incongruentemente la
scienza accetta ancora una volta il minestrone di Einstein, che confonde
mare e moto ondoso, mezzo e movimento. Nel 1024
Satyendranath Bose è in grado di derivare la formula di Max Planck per
la ripartizione dell’energia nella radiazione del corpo nero, scrivendo
che tutti i tentativi precedenti, tra qui quello fatto da Albert
Einstein non gli paiono “abbastanza corretti dal punto di vista logico”.
Bose parla di “quanti di luce”, secondo la teoria di Einstein.
Successivamente Einstein estende il calcolo di Bose alla materia.
Incongruentemente la
scienza dimentica che Planck era partito dalle emissioni di quanti di
radiazione dalla materia e che fu Einstein successivamente ad avere
applicato il concetto di quanti alla radiazione luminosa stessa,
portando tutti fuori strada. E poi Einstein è di nuovo il genio che
riapplica il lavoro di Bose alla materia...
Conclusione I fotoni
sono i mattoni della materia, ricettori e trattenitori di onde
elettromagnetiche ed elettronicamente conduttori della forza
elettromagnetica. Il campo elettrico difatti è spazio vuoto che ambienta
la sintesi elettrica di una presenza materica conduttrice. I fotoni
hanno proprietà a mo’ di stringhe di chitarra. Se invece si addensano
per un processo di involuzione materica, ne risultano neutroni e
protoni, ovvero l’antimateria.
L’elettrone è pura energia e conferisce massa alla stringa fotonica per
la nota m=E/c2. I quanti o
pacchetti di energia discreti emessi o assorbiti da una molecola
oscillante sotto forma di radiazioni elettromagnetiche sono dovuti al
salto di livello energetico degli elettroni, a sua volta causato dalla
semovenza protonica, che avviene a scatti...
Nell’effetto fotoelettrico quando la radiazione luminosa investe un
nucleo con frequenza equivalente ad un quanto di energia assorbito dal
nucleo almeno uguale al “lavoro di estrazione”, la semovenza protonica
produce una emissione di elettroni.
4. La
particella di Dio, invisibile ed indivisibile Santa Bernardetta Soubirous, 16 aprile 2016 Attorno al
1920 non si riusciva a capire per quale motivo gli elettroni negli atomi
non eccitati non si distribuissero tutti nel livello di minima energia.
Fu Wolfgang Pauli, nel 1925, a postulare che in un atomo non vi possono
essere due elettroni con gli stessi numeri quantici, cioè su un livello
energetico vi possono essere al massimo due elettroni e ve ne sono due
se questi elettroni hanno spin opposti. Gli
elettroni sono classificati come fermioni, “particelle” dotate di spin
semintero. I bosoni invece sono invece “particelle” con spin intero.
Tutte le “particelle” composte che contengono un numero pari di fermioni
sono bosoni.
Incongruentemente la
scienza non considera che un orbitale elettronico è composto da due
fermioni e quindi dovrebbe comportarsi come un bosone. Caos primordiale… La rottura
spontanea della simmetria elettrodebole scaturisce da un campo
elettricamente neutro, il campo di Peter W. Higgs. L’interazione di una
particella con tale campo contribuisce all’energia della particella
rispetto al vuoto. Questa energia equivale a una massa. Poiché vi deve
sempre essere una particella associata a un campo quantomeccanico, nella
forma più semplice del meccanismo per la rottura della simmetria vi deve
essere una particella associata a un campo di Higgs.
Incongruentemente la
scienza non considera che il campo di Higgs non è altro che la
riproposizione dell’etere e che la particella di Higgs nient’altro che
la particella descritta da Newton nella teoria corpuscolare della luce,
erroneamente da lui confusa con la radiazione elettromagnetica e non
come la sostanza primordiale del Fiat Lux. Aria di
grande festa al Cern di Ginevra. Peter Higgs, 83 anni, dichiara: “Sono
piuttosto sorpreso che ciò accada con me ancora in vita. Non lo avrei
immaginato possibile. All’inizio, più di 40 anni fa, nessuno aveva
un’idea su come cercarlo…”.
Incongruentemente la
scienza ricerca l’esistenza della particella portatrice di massa
misurandone la massa alle alte energie. Contemporaneamente assume che il
fotone sia senza massa e poi subisca l’effetto gravitazionale previsto
da Einstein...
Conclusione In stati
di equilibrio abbiamo materia ed energia che si comportano come bosoni. La materia
non si compenetra, vedi fotoni e relativi gusci elettronici – ecco il
principio di esclusione di Pauli. In presenza di “disturbi”, ad esempio
un campo elettromagnetico esterno, si manifesta la dualità ed abbiamo la
comparsa dei fermioni. L’etere è
il trasmettitore della forza magnetica, come il fotone lo è di quella
elettrica. La
sostanza creante è invece invisibile, ovvero non influenzata da fenomeni
elettromagnetici, ed indivisibile, essendo il costituente primordiale
della creazione.
Individuarla direttamente è impossibile, spiacente per chi si era
illuso. Quindi? L’orbitale
elettronico lo possiamo percepire tramite l’udito (onde sonore). La stringa
fotonica la possiamo percepire tramite la vista (onde elettriche). L’etere lo
possiamo percepire tramite il pensiero (onde magnetiche) La particella di Dio la possiamo percepire tramite il cuore (vortici gravitazionali). |