Il secondo breve saggio di questa trilogia intende proporre al lettore motivi di riflessione sulla origine “non umana” di note immagini i cui procedimenti sono spiegabili dalla scienza, ma che l’uomo non è comunque in grado di riprodurre. Beata
Maria Anna di Gesù (Navarro), 17 aprile 2016 La Sindone
di Torino è un antico telo di lino che misura circa m 4x1, recante
su una faccia la debole doppia immagine (frontale e dorsale) di un uomo
crocifisso, che reca tutti i segni della Passione di Cristo. L’immagine,
molto poco visibile a occhio nudo, può essere percepita solo a qualche
distanza. Per taluni
credenti, l’idea che potrebbe trattarsi del vero telo funebre di Gesù,
recante la sua immagine, è chiaramente irresistibile. Non è quindi
sorprendente che, per un oggetto così emotivamente carico, la
discussione circa l’autenticità sia accesissima. Il più
celebre studio condotto sulla Sindone di Torino è la datazione del
lenzuolo eseguita nel 1988 con la tecnica radiometrica del carbonio 14
svolta in tre laboratori. Il 13
ottobre 1988, durante una conferenza stampa, il cardinale Ballestrero
annunciò i risultati del test al carbonio-14, che ha fornito una
datazione compresa tra il 1260 e il 1390, con una confidenza del 95%. La
datazione corrisponderebbe al periodo in cui si ha la prima
documentazione storica che si riferisca con certezza alla Sindone di
Torino (1353). Ballestrero incredibilmente nell’occasione commentò: «Penso non sia il caso di mettere
in dubbio i risultati. E nemmeno è il caso di rivedere le bucce agli
scienziati se il loro responso non quadra con le ragioni del cuore».
Conclusione Vediamo di
apportare un poco di luce sulla vicenda. Il
carbonio-14 (o radiocarbonio) è un isotopo radioattivo del carbonio. La
principale fonte di carbonio-14 sulla Terra è la reazione tra i raggi
cosmici e l’azoto gassoso presente nell’atmosfera (nella troposfera e
nella stratosfera). L’inglobamento di neutroni termici da parte
dell’azoto, forma un atomo di carbonio-14. Il carbonio-14 così prodotto
reagisce con l’ossigeno per formare anidride carbonica 14CO2
che viene riutilizzata dalle piante durante la fotosintesi. In questo
modo il carbonio-14 si trasferisce nei composti organici. Grazie alla
sua lunga emivita rispetto alla vita degli organismi viventi, il
carbonio-14 rimane integrato in ogni sistema organico vivente. Dopo la
morte, l’organismo smette di assumere carbonio-14. La quantità
dell’isotopo presente nell’organismo nell’istante della sua morte andrà
via via affievolendosi negli anni a causa del decadimento radioattivo.
Il carbonio-14 è anche prodotto nel ghiaccio da neutroni che causano
reazioni di spallazione nucleare nell'ossigeno. Io ritengo
che, a seguito della resurrezione, il telo sindonico sia stato
bombardato da neutroni, oltre che dalle radiazioni elettromagnetiche che
hanno impresso l’immagine. Il livello
di carbonio 14 è pertanto notevolmente aumentato rispetto al normale e
questo ha falsato le pur giuste misurazioni, in quanto il telo pare
“ringiovanito”. Altro
miracolo oltre la resurrezione di un Morto! Oh Chiesa, da che parte
stai?
2. Il Volto
Santo di Manoppello Beata
Maria dell’Incarnazione (Barbara Avrillot Acarie), 18 aprile 2016 Il Volto
Santo è un’immagine di tema religioso conservata a Manoppello (PE),
nella Basilica del Volto Santo. Si tratta di un velo tenue che ritrae
l’immagine di un volto, un viso maschile con i capelli lunghi e la barba
divisa a bande, ritenuto essere quello di Cristo. L’immagine, secondo
una tradizione, è “acheropita” cioè “non disegnata o dipinta da mano
umana” ed ha una caratteristica particolare unica al mondo in: è ben
visibile identicamente da ambedue le parti. Secondo
Chiara Vigo, l’unica persona oggi in grado di produrre tessuti di bisso,
il velo è certamente fatto di bisso marino, di altissima qualità, non
colorabile con tecniche tradizionali. Il professor Donato Vittore
dell’Università di Bari ha eseguito nel 1997 un esame con i raggi
ultravioletti. Da questa prova risulta che le fibre del velo non
presentano nessun tipo di colore, il che collima con le osservazioni
microscopiche (le quali affermano che questa reliquia non è né dipinta
né tessuta con fibre colorate).
Alcuni studiosi ritengono, come riportato dagli apocrifi Atti di Pilato
(sec. VI), che questo sia il velo che una pia donna di nome Veronica
offerse a Gesù lungo il Calvario perché si asciugasse il volto. Gesù,
preso quel velo con ambo le mani, se lo calcò sulla faccia; poi lo
restituì con l’effigie del suo volto impressovi sopra.
Invece il gesuita padre Heinrich Pfeiffer è convinto che l’immagine di
Manoppello sia quel pezzo di stoffa che fu trovato 2000 anni fa nella
tomba del predicatore di Nazareth. “Il sudario che si trovava sul volto
di Gesù”, Vangelo di Giovanni. Tale ipotesi però contrasta con le
testimonianze che vogliono il tessuto a Manoppello già nel 1506 quando
il furto è del 1608.
Conclusione Il velo
della Veronica (Niche) secondo la tradizione e secondo alcune
riproduzioni e descrizioni di chi la aveva vista esposta a Roma mostrava
l’avvenuta coronazione di spine.
Invece
il
sudario usato nella sepoltura si trova ad Oviedo (Spagna). Stiamo
quindi parlando di una “nuova” reliquia, che può essere riconducibile,
interpretando gli scritti di Maria Valtorta, al momento in cui Gesù dopo
la flagellazione viene svegliato con un secchio d’acqua ed un colpo di
bastone sul naso. Il telo di bisso gli era stato regalato in precedenza
da una pia donna di nome Sintica e Gesù lo custodiva nel manto, per poi
usarlo per pulirsi il volto prima della coronazione di spine. Ma
l’immagine come si è formata? Il professore Jan S. Jaworski della
Facoltà di Chimica dell’Università di Varsavia ha sciolto l’enigma:
·
Il bisso è penetrabile alla
luce e cambia colore quando osservato da diversi angoli mentre la sua
lucenteza lo rende simile ad un ologramma.
·
Le proprietà del bisso sono
responsabili di alcune uniche proprietà del velo di Manoppello, come la
trasparenza delle fibre sotto una forte illuminazione.
·
L’originale colore marrone
del bisso può venire cambiato in giallo, dorato, paglia pallido ed
infine rosso con processi di sbiancamento di feomelanina. Esiste
uomo in grado di applicare tale tecnica per disegnare un volto? Che
portento! Sant’Emma di Sassonia,
19 aprile 2016 Ognuno
nell’Europa medievale era sicuro di conoscere l’aspetto di Cristo. Si
trovavano ovunque immagini del suo Volto e molte di queste erano
considerate copie di un ritratto di Cristo dall’origine prodigiosa
conservato in San Pietro a Roma. Si tratta
del velo della Veronica, noto anche come sudario (= fazzoletto, non telo
funebre) che, secondo la tradizione, era il velo che con gesto pietoso
la Veronica offrì a Cristo lungo la salita al Calvario e sul quale
rimase impresso il volto del Signore.
Considerando le masse di pellegrini che giungevano a Roma per vedere
l’immagine (tra questi Dante e Petrarca) e le innumerevoli copie
esistenti, può sembrare sorprendente che non conosciamo il vero aspetto
dell’immagine. Prima del
sacco dei Lanzichenecchi (1527) a Roma erano infatti presenti numerose
reliquie, tra le quali anche il Volto Santo di Manoppello, e questo
creava qualche confusione nei pellegrini e negli artisti che si
cimentavano a riprodurre i due volti… Riporta
Maria Valtorta in merito ad una pia donna di nome Niche: «Sul Calvario…
Ho visto il Salvatore in quello stato… Avevo preparato il velo lombare
perché non usasse i cenci dei boia… Ma era tanto sudato, col sangue
negli occhi, che ho pensato darglielo perché si asciugasse. Ed Egli lo
ha fatto… E mi ha reso il velo. Io non l’ho usato più… Volevo tenerlo
per reliquia col suo sudore e il suo sangue. E vedendo l’accanimento dei
giudei, dopo poco, con Plautina e le altre romane Lidia e Valeria,
insieme, abbiamo deciso di tornare indietro. Per paura che ci levassero
questo lino. Le romane son donne virili. Ci hanno messe nel mezzo, io e
la servente, e ci hanno protette. È vero che sono contaminazione per
Israele… e che toccare Plautina è pericolo. Ma ciò si pensa in tempi di
calma. Oggi erano tutti ubbriachi… A casa ho pianto… per ore… Poi è
venuto il terremoto e sono svenuta… Rinvenuta, ho voluto baciare quel
lino e ho visto… oh!… Vi è sopra la faccia del Redentore!… ». E quindi
il momento della consegna a Maria del reperto: “Niche non dice una
parola. Ma apre il cofano, estrae il lino, lo spiega. E il Volto di
Gesù, il Volto vivo di Gesù, il doloroso e pur sorridente Volto di Gesù,
guarda la Madre e le sorride.”
Conclusione La
descrizione data dalla Valtorta è sorprendentemente accurata e ricca di
dettagli. Un volto sorridente pur nel dolore! Pochi artisti hanno avuto
il coraggio di ritrarre quel sorriso, ritenendolo forse un inganno di
prospettiva o per paura di venire accusati di irriverenza. Altri ne
hanno colto invece solo il sorriso, dimenticando il resto… Comunque
occorre recuperare l’originale per sciogliere ogni dubbio. Ritengo anche
che la storia e la mistica abbiano lasciato sufficienti indizi per il
suo rinvenimento. Una cosa è
certa. Le analisi al carbonio ne confermerebbero l’età ai tempi di Gesù
Cristo, le fattezze del volto la coincidenza con la Sindone, il Sacro
Volto di Manoppello ed il sudario di Oviedo, la scienza sarebbe ancora
in grado di spiegarne il procedimento fisico, ma l’uomo sarebbe ancora
una volta incapacitato ad una qualsiasi riproduzione.
Sant’Agnese Segni di Montepulciano, 20 aprile 2016 Nostra
Signora di Guadalupe è uno degli appellativi con cui i cattolici
venerano Maria, la madre di Cristo, dopo un’apparizione avvenuta i primi
di dicembre nel 1531, in Messico al contadino Juan Diego, un indio
convertito al cristianesimo dagli invasori spagnoli. La storia narra che
Maria gli apparse sul colle di Tepeyac e disse a Diego di andare dal
vescovo e di riferirgli che desiderava si ergesse una cappella nel punto
in cui era apparsa. Il vescovo chiese a Diego di portargli una prova. La
Madonna gli fece trovare e raccogliere delle rose in una pietraia, in
una stagione in cui è impossibile che queste crescano. Era infatti il 12
dicembre. Juan Diego ripose il mazzo di fiori nella sua “tilma”
(mantello) e lo portò al vescovo. Quando il contadino mostrò le rose
miracolose, tutti i presenti caddero in ginocchio alla vista di una
immagine che si materializzò in quell’istante davanti ai loro occhi sul
mantello del contadino.
Rappresenta una ragazza meticcia dallo sguardo molto profondo, con le
mani giunte in preghiera, il manto costellato, un nastro viola legato al
ventre, che nelle usanze dell’epoca contraddistingueva le donne gravide.
La “Morenita”, così venne chiamata poi affettuosamente dai credenti
dell’America Latina, si impresse misteriosamente sul mantello che viene
conservato e venerato ancora oggi, con un livello di devozione pari a
quello per la sacra sindone, nella basilica che venne costruita
successivamente sul monte del Tepeyac, visitata tutti gli anni da 20
milioni di persone. L’immagine
non presenta traccia di coloranti di origine vegetale, minerale o
animale, come rilevato nel 1936 dal premio Nobel per la chimica Richard
Kuhn e la figura di Maria è impressa direttamente sulle fibre del
tessuto (esistono delle piccole parti dipinte, come “ritocco”,
realizzate in un secondo momento), come determinato dalle foto
all’infrarosso del biofisico dell’University of Florida, Philip Serna
Callahan nel 1979, il quale ha affermato che l’immagine non è
scientificamente possibile essere realizzata dall’uomo. Durante
l’International Workshop sul “Scientific approach to Acheiropoietos
Images” tenutosi presso l’ENEA Frascati nel 2010, J. C. Espriella del
Centro Mexicano de Sindonología ha descritto il fenomeno concludendo
così:
«L’immagine presente sulla Tilma
di Guadalupe è indirizzata ad essere una immagine acheropita, perché
secondo la stragrande maggioranza dei ricercatori che l’hanno studiata
con un rigoroso metodo scientifico, la sua origine va al di là della
spiegazione naturale e fino ad ora, nessuna spiegazione soddisfacente è
stata formulata».
Conclusione: Scriveva
Isaac Newton in merito all’etere: “Questa specie di spirito sottilissimo
che penetra a traverso tutti i corpi e che è nascosto nella loro
sostanza … ed è sempre col mezzo di questo spirito che la luce emana, si
riflette, si rifrange e riscalda i corpi”.
Immaginiamo ora un mosaico formato da finissimi cristalli di colore
diverso appoggiato sulla tela. Otterremmo lo stesso effetto. Solo che
questa volta non si tratta di cristalli, ma puro etere… Occorre analizzarlo nel dovuto modo per capirci qualcosa. E toccare per credere! |