Premessa: Santi
Cosma e Damiano, 26 ottobre 2015 4/5/2018 Atlantide,
si è scritto molto e si è capito poco. Soltanto Enoch ha fornito qualche
squarcio su quel passato. Civiltà evoluta da una parte, società
imbestialita dall’altra, in lotta perenne.
Finché
Dio invia il
diluvio purificatore,
e Noè salva il salvabile, ovvero la sapienza antica (precursore di
quell’Anchise omerico che fuggirà da Troia circa un millennio più tardi,
come vedremo). Ma molto rimane a terra, ben nascosto, tra cui l’arca “elettrofora” e qualche
altro aggeggio strano: immaginatene almeno uno
- fuoco fuochino
- l’otre dei venti…
ci avevate azzeccato? Dopo il
diluvio la sapienza antica pare quasi del tutto persa,
finché
dopo un cinquecento anni un eroe di nome Mosè (Senemut per
la storia egizia) trova il tesoro nascosto e con esso tutti i documenti con la conoscenza e
scienza e profezia antiche. Mosè tiene
ben celato il segreto, a costo di uccidere quell’egiziano per impedirgli
di divulgare la notizia, studia quei testi in linguaggio antico,
perfeziona l’otre dei venti e quindi si ripresenta a corte per liberare
gli ebrei e tornare nella terra promessa. Promessa in quanto era al
centro di Atlantide, prima che questo venisse spostato nella citta della
luce, l’attuale Cairo d’Egitto, per proteggere la conoscenza antica
dall’avanzata dei giganti che giungeva da Erbil (luogo dove sorgeva la
torre di Babele?!) e Babilonia. Enoch insegna… Come mai
Mosè è il designato? Perché appartenente a quel popolo ebraico che, fin
dal tempo dei patriarchi, era il custode designato da Dio della sapienza
preternale donata ad Adamo ed Eva. Arca dell’alleanza con Dio, questo è
il significato e ne diviene il simbolo. Con l’otre
Mosè è in grado di padroneggiare il vento ed usarlo come mezzo di
trasporto (vedi dieci piaghe – polvere rossa (acqua in sangue), rane,
zanzare, mosche, polvere velenosa, polvere ulcerosa, cavallette, nuvole
nere (tenebre), sonnifero (per addormentare gli egiziani) e più tardi
anche manna e quaglie “soffiate”
nel deserto… Usando
l’otre al popolo ebreo
è addirittura possibile spostare fiumi… leggete Nilo, un mar divenuto
rosso per il sangue degli egiziani… (Esodo 14) e Giordano (Giosuè 3).
Riprenderemo
il tema dell’otre più
avanti. Avete
comunque
intuito che i resti dell’arca “barca” di Noè si trovano ancora in
Egitto?! Indovina
indovinello, quale segno quel
sito ha mai di bello? “Occhio al
leone…” Santi Simone e Giuda Taddeo, 28 ottobre 2015 L’arca
“elettrofora”, delle stesse dimensioni dei sarcofaghi nelle piramidi –
non destinati a contenere corpi di uomini dunque, ma macchine di luce!
Guai a toccarla, infatti, si muore fulminati… Recuperata
da Mosè e riportata a Gerusalemme da Davide, grazie ai documenti a
corredo suo figlio Salomone diventa il più sapiente re della terra. La
regina di Saba, venuta a conoscenza di tanta saggezza, tenta di
introdurre a corte un figlio, perché possa carpire qualche segreto, ma
gli ebrei sono abili a non svelare nulla.
Nabucodonosor riuscirà invece circa 400 anni più tardi a conquistare
Gerusalemme (leggi “Ilo” e la stirpe dei priamidi, da cui re Priamo) ed
a distruggerla completamente dieci anni più tardi, ma nel frattempo il
tesoro era stato posto al sicuro “a Tiro” (leggi “Troia” – non ve lo
aspettavate?), che viene anch’essa posta sotto assedio per oltre dieci
anni. Alla fine il re di Tiro, che viene appellato da Ezechiele quale il
più sapiente al mondo di quel tempo, si arrende, ma lascia senza bottino
di guerra il re babilonese e si rifugia con i beni della città sulla
parte isolana… (ricordate quell’Enea che fugge da Troia con l’avo
Anchise (sapienza antica) sulle spalle ed il palladio nella mano
destra?) Siamo
giunti attorno al 570 a.C. Guarda caso in quel periodo nasce la cultura
greca… immaginatevi un poco Talete che va in Egitto e scopre le regole
del triangolo misurando l’ombra delle piramidi! Buffo davvero… Dopo
qualche tempo i persiani si accorgono che qualcosa di strano sta
accadendo in Grecia. Pastori e contadini che diventano improvvisamente
scienziati e filosofi ed architetti e scultori insigni. Uno di essi
viene invitato a corte da re Ciro il Grande, che desidera spiegazioni e
al contempo capire la “statura del novello scienziato”, ma questi si
rifiuta ed inizia la guerra. Le
vicissitudini dell’arca seguono nel frattempo quelle di Ulisse (figura
che storicamente si confonde con Enea), che la porta al sicuro in Italia
assieme all’otre dei venti ed ai documenti più preziosi. Italia che,
preparata dalla sapienza antica (vedi Virgilio ed il Dio bambino), potrà
diventare poi la culla del cristianesimo. Ma che
fine ha fatto tale tesoro? L’otre, di
cui si era per secoli persa cognizione sul come utilizzarla, viene persa
in mare in modo sciagurato dall’equipaggio di Ulisse, subito dopo che
questi ne aveva carpito il segreto (leggi la saga di Eolo ed Ulisse). Molti
documenti invece vengono messi al riparo e quindi prendono le vie più
strane (verranno utilizzati molti anni più tardi addirittura da Isaac
Newton a Londra e dalla famiglia Bernoulli e da Leonhard Euler in
Svizzera, per citare solo alcuni famosi scienziati che si sono avvalsi
della farina di quel sacco atavico). L’arca
viene al contrario nascosta in un antro in Italia. Indovina
indovinello, quale segno il sito ha mai di bello? “Occhio
traverso al leon…” Tutti i
Santi, 1 novembre 2015 Dopo la
passione e morte di Gesù gli apostoli e discepoli raccolgono le reliquie
e le portano a Maria SS., che le custodisce in una cassapanca (leggi
scritti di Maria Valtorta). Tra queste
possiamo enumerare:
Possiamo
supporre che Maria SS. gli abbia affidati dopo la sua morte a S.
Giovanni ed a Maria Maddalena. Sarebbe stata proprio quest’ultima a
trasportarne una buona parte in Francia, da dove hanno preso la strada
verso l’Italia. Altre
reliquie erano invece state nascoste all’interno di una scultura in
cedro operata da Nicodemo. Durante il
sacco di Roma ad opera dei Lanzichenecchi parte delle reliquie che erano
giunte a Roma vengono nuovamente disperse (velo della Veronica, punta
della lancia di Longino, sudario usato nella deposizione, ampolla con
gocce di Sangue, terzo chiodo). Ma
limitiamoci qui al Calice usato da
Gesù durante l’ultima cena, citato nella leggenda
medievale quale sacro Graal. Giunto in Francia, segue in parte le
vicissitudini della Sacra Sindone, giungendo a Torino, poi se ne perdono
le tracce. Finché
inaspettatamente Sangue sacro ha richiamato sangue su mani consacrate.
Indovina indovinello, quale segno
il sito ha mai di bello? “Occhio
alle antiche sabbie mobili.”
Commemorazione di tutti i fedeli defunti, 2 novembre 2015 «Iesus
Nazarenus Rex Iudaeorum», scritta beffarda dettata da Ponzio Pilato per
denigrare il popolo ebreo e vendicarsi del “deludente” silenzio di Gesù,
da cui si attendeva forse uno stupefacente miracolo di potenza
distruttrice verso coloro che lo stavano infamando. Così vorrebbe il
mondo, un re che sa farsi giustizia rispondendo alla violenza con la
violenza. E Gesù poteva addirittura incenerire il mondo intero con un
solo sussurro. Invece invoca la sua mamma, nella parola finale. Ma quale
simbolo riconosce il re dal semplice popolo, se non una corona? Dice Gesù
a Teresa Higginson:
“Figlia mia, guarda questo
Volto sfigurato, osserva attentamente la mia Fronte solcata da profonde
ferite, causate dalla dolorosissima Corona di Spine, che penetrarono
tutte all’interno del mio Sacro Capo.
Lacerarono le mie Tempie,
dove quel Sangue, che era fuori uscito durante l’Agonia, ancora pulsava
con violenza, provocando un dolore e una pesantezza che opprimevano non
solo il mio Capo, ma, essendo questo la sede del cervello e quindi il
punto più sensibile dal quale partiva tutto il sistema nervoso, faceva
sì che questo strazio si estendesse in ogni punto del mio Corpo.
Ero tutto una ferita
sanguinante, il respiro era affannoso, le Membra stanche, il Cuore
trapassato da dolori morali inenarrabili, come se anche lui fosse
trafitto da quelle terribili spine, che in esso introducevano i loro
inesorabili fori.
Pareva che, da un momento
all’altro, Io dovessi cedere a tutto questo dolore.
Figlia mia, guarda,
compassiona il tuo Dio, così sofferente per te e per tutta l’Umanità.
Quando Mi onori, adorando il mio Sacro Capo, rendi Gloria alla Sede e al
Tempio della Divina Sapienza.
È da questo prezioso
gioiello che sono guidati i moti del mio Cuore, è questo il punto dal
quale partono le mie Azioni, Azioni d’Amore verso il Padre mio, Pensieri
di Salvezza e di Grazia per le mie Creature. L’Onniscienza (il Sapere)
del Padre ha trovato la Sua Dimora e il suo Trono nel Mio Sacro Capo.” Corona di
spine, oggetto spesso poco ricordato e venerato ma fondamentale per la
storia della salvezza umana. Proviamo
ad effettuare un volo pindarico, dalla Francia all’Italia, arrivando al
Santuario di Re, dove un prodigioso miracolo (1494) ne rivela la
presenza. Da qui la
corona attorno alla fine del 1500 passa per Milano al tempo di San Carlo
Borromeo e poi prende la strada della Valtellina all’inizio del 1600.
Quindi
verso gli inizi del 1800 arriva nel Duomo di Bolzano (il passaggio della
reliquia è segnato dalle stigmatizzate Maria von Morl, Crescenzia
Nierklutsch e Domenica Lazzari). Per evitare che i bombardamenti alleati
la potessero intaccare, durante la seconda guerra mondiale viene poi
spostata in altra città italiana. Indovina
indovinello, quale segno il sito ha mai di bello? “Occhio, per uscire dalle sabbie mobili occorre santa fede.” |